Una provocazione per riflettere

 

Non vi siete mai chiesti perché siete quello che siete, intendo a livello professionale prima di tutto e poi anche personale? Perché hai scelto di diventare un militare, perché hai scelto di sposarti o vivere insieme a una persona, avere un figlio, fare il medico o il prete … ? 

Io ho cercato di rispondere a questo pensiero, e offrirvi una provocazione alla riflessione personale.

Da bambino, frequentavo l’oratorio dei Salesiani, nella mia città e avevo un sacerdote, direttore dell’oratorio, don Sandro, che era una forza della natura, allegro, vivace, informale, capace, intelligente, sempre disponibile e pronto e un prete, che era il parroco, don Pietro, gentile, semplice, preciso, uomo di preghiera, capace di farti entrare nel mistero di Dio attraverso la preghiera personale e comunitaria, curando la liturgia e l’attenzione alle persone nella vita di tutti i giorni, con precisione, curando il dettaglio di ogni attività.

Questi due motivi, sono certo, che mi abbiano educato il cuore a imitarli, mi piaceva cosa facevano, come lo facevano e credo che lì, il mio cuore, la mia anima, hanno iniziato a essere più attenti, ad ascoltare, a guardare, a chiedere e poi le cose sono partite.

Oggi a distanza di trent’anni dal giorno della mia consacrazione sacerdotale, se dovessi fare un bilancio, sono più che certo e posso testimoniare che il Signore non sceglie i più capaci, i più intelligenti, i più bravi, anzi io ne sono la dimostrazione e chi mi conosce, potrà confermare, ma sceglie chi sa appassionarsi di più.

Mi ami tu? Si Signore lo sai che ti amo. E senza presunzione, riportando il dialogo tra Gesù e Pietro, è stata ed è la voce che sento nel mio cuore.

Quando ho potuto consolare, aiutare, far sorridere, offrire una mano, una spalla nel dolore, condividere una gioia, camminare con la mia gente, nel bene e nel male, rinnovo la gioia della mia vocazione e della mia vita, per questo ho scelto, o meglio, ho risposto alla chiamata del Signore, per questo, per servire queste persone, di ieri e di oggi, che la provvidenza, che si esprime attraverso la Chiesa e suoi superiori, mi manda.

Sì, il Signore si serve di noi e per essere felici, nella vita, bisogna tornare e ritornare sulle scelte fatte anche se non è sempre stato facile, anche se siamo caduti. Quando le cose diventano difficili, non rientrano nei nostri progetti, ci sono dei fallimenti, si rischia di cadere e rinunciare, fuggire o fare altro, alla fine la vita che vivo, ora, è quella che mi permette di dire che è il Signore che guida la storia. Se noi sappiamo ascoltare e vedere con il cuore e che Lui ha pensato per noi da sempre, è questa.

Il problema, semmai, se ce ne fosse uno, è se siamo stati capaci di ascoltare o guardar bene e scelto la strada che Lui aveva in mente per noi. Mi direte e come faccio a saperlo? Non lo so di preciso, ma so, sicuramente, che se fai qualche cosa che ti piace, che ti costa fatica e che serve agli altri, allora credo che potresti essere sulla strada che il Signore ha pensato per te.

Non rinunciare alla prima difficoltà, o perché ti sei stancato, o perché le cose non sono più come quando avevi vent’anni. Non sbagliare, non stancarsi, demoralizzarsi … solo questo significherebbe non crescere nell’amore. Cambiare, non dico adattarsi, ma scoprire nuova linfa, per rinvigorire le scelte fatte, non è negativo, solo gli stolti non cambiano, quindi rinnovarsi continuamente e questo solo con fatica e riconoscendo i limiti e superandoli, rientrando in noi stessi, facendoci le domande giuste, facendosi aiutare, lasciandosi guidare, per servire e vivere la vita che si è scelta. Nel bene e nel male, nelle occasioni o opportunità, non c’è una strada decisa, il Signore scrive sulla nostra, anche quando non è come noi, la immaginiamo e si fa compagno di viaggio, ma forse siamo talmente distratti o pieni di noi stessi e delle nostre certezze e convinzioni che non ci accorgiamo. Solo quando si fa sera, allora, ci tornano alla mente le parole dei discepoli di Emmaus. Per loro quella sera è stata fondamentale hanno dovuto viverla per poi tornare a Gerusalemme e riprendere da dove avevano lasciato e con maggior vigore.

Essere attento, fidarsi, lasciarsi guidare, ascoltare e accettare le scelte che noi non facciamo, queste sono le domane che talvolta, nella difficoltà, ci ripetiamo e la risposta, solo noi la conosciamo: perché amo il Signore?  Voi cosa rispondete?

@unavoce

Foto di Copertina: Libano del Sud, i militari italiani di UNIFIL donano giochi e materiale scolastico ai bambini degli orfanatrofi della municipalità di Tibnin