sulla pastorale della nostra comunità – 3
« Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore […]. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore […]. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria ». (Cfr. CCC N. 1776)
Siamo all’ultimo dei tre atteggiamenti che abbiamo cercato di affrontare, per conoscere meglio, facendoci aiutare da persone autorevoli e guidare così il nostro pensiero. Oggi, sempre a commento della proposta pastorale “Essere Chiesa …” per la nostra comunità con le stellette, ci avventuriamo nel tema della “retta coscienza”. Per essere buoni cristiani, bravi cittadini, capaci militari, la coscienza retta è fondamento, insieme alla dolcezza e al rispetto, dei nostri atteggiamenti.
Vorrei, per sottolineare questo aspetto, che viene rimarcato nella proposta pastorale che, insieme alle altre, crea il filo rosso di questo cammino di comunità e diventa elemento fondamentale della vita del singolo cristiano, che all’interno della Chiesa, compie il suo cammino verso il Signore. Uno scritto di Giovanni Bachelet, una voce laica, che, credo, molto significativo, ci potrà aiutare a comprendere, quanto sia importante questa dimensione nella vita personale di ognuno e professionale di tutti.
“Quando in famiglia parlavamo di libertà e di coscienza noi figli eravamo adolescenti e tendevamo a privilegiare la coscienza individuale rispetto alle norme obbiettive. Mio padre in questi casi aggiungeva sommessamente l’aggettivo “retta”. La retta coscienza. E spiegava: la coscienza dell’uomo, per essere un valido criterio di bene, ha bisogno della luce di Dio. Senza questa luce anche la coscienza può gradatamente appannarsi.
Contrariamente alla prima apparenza questo piccolo aggettivo, sul quale capita ogni tanto di tornare a riflettere, non implica che i cristiani siano piú bravi degli altri: gli unici a conoscere (e poter quindi seguire) la via che porta al vero bene. Lo Spirito di Dio è infatti come il vento e soffia dove vuole. Nella coscienza Dio parla a tutti. E Dio permette che il Diavolo possa imbrogliare la coscienza di credenti e non credenti. Gesú ce l’ha spiegato benissimo con la parabola del Buon Samaritano. La Chiesa ha confermato con parole chiare lo stesso punto nel Concilio Vaticano II: “Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli che in quella sociale” (Gaudium et Spes, 16). Anche l’esperienza di ciascuno propone da un lato incontri con uomini giusti privi del dono della fede, e dall’altro qualche inquietante interrogativo riguardo a sé stessi e riguardo ad altri fratelli nella fede: è la coscienza che a volte si smarrisce (non saper piú cosa sia il vero bene) oppure la volontà ad essere insufficiente (sapere qual è il vero bene ma non riuscire a farlo)? Sono domande delicate e spesso destinate a restare senza risposta. Non è ammesso accostarsi senza rispetto al “sacrario della coscienza, in cui l’uomo ascolta la voce di Dio” (GS 16). Gli educatori devono sempre ricordarlo…”. CONTINUA … (Cfr. Educare la Coscienza)
@unavoce
Foto di Copertina: Altare della Patria, Celebrazioni del 4 novembre