Samaritani con le stellette

 

Già vi ho parlato di Fr. Charles, ex militare francese che poi si ritirò nel deserto del Sahara condividendo la vita di quel popolo sullo stile di Gesù. La riflessione che vi propongo e che prendo da un articolo apparso su “L’Osservatore Romano” quotidiano della Santa Sede e a al quale vi rimando per la lettura integrale, ci offre uno spunto per ripensare al nostro modo di essere fratello e amico, prossimo e vicino agli altri. “Per diventare il fratello di tutti, devi essere il fratello di qualcuno”, è la frase che mi risuona negli orecchi, che mi fa fermare e pensare al mio modo di essere amico, attento, vicino, … agli altri.

I nostri militari nello svolgimento del loro servizio, sia in Patria che all’estero, non assolvono solo ad un compito che gli è assegnato e non lo assolvono solo con la professionalità che gli è loro propria, ma emerge nella loro presenza la spiritualità che ognuno di loro ha, una sensibilità che è stata coltivata lontano nel tempo fra le mura domestiche e questo ci porta ancora una volta all’ambiente e alle persone che formano la nostra vita: i genitori, il clima famigliare, gli educatori, … qui è il segreto di una vita da protagonisti e in questa luce la figura di Fratel Carlo ci aiuta a far germogliare in noi questi semi che ci fa fratelli tra i fratelli, nel rispetto delle singole tradizioni , culture, fedi, sia all’estero, ma oggi anche in Patria. La mondialità si respira e diventa dono nel momento che, senza interessi, siamo veri amici e una mano tesa, una spalla, un riferimento, diventano il gesto concreto del nostro essere veri fratelli.

Essere amici con il cuore di Cristo, per questo fare essere attenti senza interessi, diventa il “Fratelli tutti” che il Papa ci ricorda e che dobbiamo vivere da uomini e da cristiani e ognuno secondo la sua vocazione. I nostri uomini e donne con le stellette vivono questo essere fratello di qualcuno con la loro presenza nei territori dove la pace è fragile, dove la sicurezza è messa in discussione, dove i più poveri sono quell’uomo che incappò nei briganti sulla strada di Gerico.

 “Charles de Foucauld è per noi molto prezioso per tanti motivi, ma soprattutto perché la sua esperienza spirituale, almeno quella che possiamo cogliere a partire dai suoi scritti, è quella di un uomo diventato, negli anni, sempre più realistico. Egli sa che per amare tutti, devi iniziare amando qualcuno; per diventare il fratello di tutti, devi essere il fratello di qualcuno. Naturalmente uomo di relazioni personali, amico sincero e fedele, Charles ha saputo fare amicizia e ha coltivato le sue amicizie fino al punto di superare ogni ostacolo. Dalle profondità del Sahara, si unì così a tutti i suoi amici e mantenne rapporti fraterni con tutti loro. La sua corrispondenza offre numerosi esempi delle sue relazioni con molte persone senza distinzione di lingua, nazionalità o religione. Scrive nei suoi Carnets de Tamanrasset: «Farmi tutto a tutti: ridere con chi ride; piangere con chi piange, per portarli tutti a Gesù. Mettermi con disponibilità, alla portata di tutti per attirarli tutti a Gesù. Mettermi con condiscendenza alla portata di tutti, per attirarli tutti a Gesù». Charles de Foucauld è passato così da una concezione astratta, ideale di imitazione di Gesù, a un’incarnazione concreta, «per essere un amico e un fratello universale». Riesce a vivere la fraternità attraverso rapporti concreti di amicizia … Charles de Foucauld ci aiuta così a capire che vivere l’universalità non significa perdere se stesso, ma trovare se stesso, non certo impoverirsi, ma arricchirsi. Vivere ogni relazione come un percorso di amicizia che ci rivela la fratellanza, uscire dai nostri confini e avventurarci in terre sconosciute, lottare insieme contro l’esclusione, la violenza e l’emarginazione. Essere fratello universale significa essere fratello di tutti, senza eccezioni né distinzioni, senza escludere nessuno, attento a ciò che l’altro ha di bene, e tutto questo senza perdere la propria identità. Non basta fare una professione di fraternità universale, ma, come ci insegna Charles de Foucauld, dobbiamo imparare a vivere, giorno dopo giorno, questa fraternità perfino nel profondo del nostro essere, nel profondo del nostro cuore”. (Cfr. L’Osservatore Romano)

Partiamo con queste convinzioni, educhiamo il nostro cuore ad essere amici veri, non per interesse, ad avere lo sguardo basso verso i più bisognosi, per poterlo alzare e farlo rialzare.

Ognuno di noi ha l’intelligenza e la creatività per farsi prossimo, per essere vicino, per saper guardare ed aiutare: una telefonata, un messaggio un’offerta, un gesto di attenzione, … un sorriso, insomma gesti concreti che facciamo scaldare il cuore e la vita di chi è solo, in difficoltà e lontano.

Per i nostri militari, la loro professionalità è essere samaritani, essere fratelli, incarnare il Vangelo, vivere secondo il cuore di Cristo. Non c’è da scandalizzarsi quando si ama, quando si costruisce la Pace e la sicurezza, quando si assiste e protegge chi è più debole, questo sono i nostri soldati, questi i nostri cristiani e militari.

@unavoce

 

Foto di Copertina: Afghanistan, Militare Italiano assiste bambino e popolazione locale