della Vita
“bellezza che non può prescindere dal dolore. Non vola via con l’età, non aborre le fragilità, non mira ad uniformare le persone, ma le esalta per le loro peculiarità”. (cfr. Baudelaire)
Sul palcoscenico di questo mondo, ognuno di noi sale i gradini consapevolmente o meno, ma a un certo punto ci si trova e una volta che il sipario si apre è il momento di interpretare la parte, una parte che non si conosce ma che ad ogni costo si deve recitare e in questa epoca, dettata dei social, la vita appare come una eterna esibizione. Ogni momento, ogni evento deve essere fotografato e messo in condivisione sui palchetti virtuali e la grande farsa esce dai tradizionali ed eleganti palcoscenici dove è nata e pensata come ironia, tragedia o gioia di una lettura della vita e dei suoi aspetti per fare il giro del mondo senza controllo, senza uno sguardo critico, un applauso meritato o un fischio indecoroso, con una differenza che nel virtuale tutto è perfetto non si sente un calo di voce, non si vede un abito sgualcito o una trucco smunto, tutto è impeccabile, ma irreale, come è tipico del teatro, ma in una finzione che nasconde “il vero bello”, che è “l’imperfezione della diretta”, qui invece in questo schermo di pixel si riflette solo “l’apparente bello” e i puntini di cristallo non fanno entrare il respiro dell’attore, riflettendo solo una luce falsa mettendo a tacere i dolori e fallimenti, le imperfezioni e le sofferenze, pensando così di sfuggire alla realtà.
La bellezza a cui invece dobbiamo mirare è quella “bellezza imperfetta” e “perfetta” nello stesso tempo che la natura ci mostra. La natura è irrispettosa, va dove vuole e crea giochi di colori e di forme assolutamente stupendi, la natura è perfetta nel suo crescere e formarsi e non a caso artisti, poeti e musicisti … di ogni tempo alla natura si sono ispirati, una natura vegetale, una natura animale, una natura umana che nella sua imperfezione ci fa scorgere i tratti della perfezione pensata dal Suo Creatore parlandoci di qualche cosa di più grande, Dio.
“La bellezza vera è quella dell’anima non maschera, ma affronta la sofferenza e ne esce più forte di prima. Come una fenice che risorge dalle ceneri, come i bambini che giocano tra le macerie. Come un’opera d’arte, una melodia che tocca l’anima. Come l’amore che oltrepassa la morte”. (cfr. ultimavoce)
“Rainer Maria Rilke nella prima elegia duinese definisce il bello come nient’altro che l’inizio del terribile: “Chi se io gridassi mi udirebbe mai / dalle schiere degli angeli ed anche / se uno di loro al cuore / mi prendesse, io verrei meno per la sua più forte / presenza. Perché il bello è solo / l’inizio del tremendo, che sopportiamo appena, / e il bello lo ammiriamo così perché incurante / disdegna di distruggerci”. A nessuno di noi verrebbe in mente questa definizione di bellezza come inizio del tremendo. Cos’è il tremendo, il terribile? Ciò che scuote nel profondo, ciò che è massimamente inquietante. Per Rilke la bellezza è ciò che ci inquieta come nessuna altra cosa, ma è solo l’inizio di questo scuotimento, di questo processo, e per poter capire quello che vuole dirci pienamente il poeta, dobbiamo leggere l’elegia per intero che sta tutta nel segno dell’Angelo dell’Annunciazione. Esiste qualcosa di più quieto e mite, di più riconciliato con se stesso, che lo stare di una fanciulla nel raccoglimento di una preghiera confidente e fiduciosa? Forse non riusciamo ad immaginare qualcosa di più perfetto, di più chiuso nella sua compiuta serenità di una fanciulla che prega. Ma quella fanciulla riceve un annuncio che la scuote nel profondo. L’Angelo dell’Annunciazione è l’angelo della bellezza che nella bellezza scuote, che apre una lacerazione, come una vetrata che si rompe. Tutto questo accade alla Madonna, ma questo accadere viene dalla bellezza conservato. In genere lo squarcio, la lacerazione ci fa sprofondare. Invece la bellezza ci salva da tutto ciò, è uno squarcio che permette di sperimentare ciò che scuote nel profondo, ma salvandoci. Esattamente quello che accade alla Madonna. Quella fanciulla è scossa nel profondo e tuttavia la sua fiducia, il suo raccoglimento e la sua confidenza nei confronti dell’Angelo che induce in lei quello scuotimento, restano tali. Dunque, secondo Rilke, e detto in altri termini, la bellezza è evento, l’annunciazione è evento, la bellezza è epifania, manifestazione eventuale, cioè qualche cosa che accade, che nasce in quel momento lì. La verità dell’evento è tutta raccolta nell’evento stesso ed io ne faccio esperienza. Questo è il mistero”. (cfr. Riflessioni di F. Macri)
Questa lunga citazione che vi ho riportato e alla quale vi rimando per la lettura integrale del lungo articolo: “la bellezza mistero del mondo”, ci indica l’atteggiamento giusto per salire sul palcoscenico della nostra vita e recitare la nostra parte e se le parole sembrano offensive e negative sono invece proprio il “tremendo” che entra nella vita facendoci protagonisti e che vogliamo invece nascondere. Dobbiamo imparare ad affrontare e viverlo per incontrare Dio, per dire il nostro Si e lasciarci trasformare, per vivere la nostra vita secondo la Sua volontà, scoprendo la nostra vocazione.
Sali sul palco della tua vita, recita la tua parte con quella bellezza “tremenda” che è la capacità di accettare la vita e lavorare nella vita con lo sguardo alto e pieno di speranza. Dipenderà da te ricevere gli applausi o i fischi, ma saranno quelli più meritati, saranno quelli di chi ti guarderà negli occhi, magari in silenzio, ma reali per dirti grazie che esisti, indipendentemente da quello che dai, grazie che ci sei, che ti accorgi del mondo che ti sta attorno.
Così prepariamoci a celebrare la pentecoste con la preghiera della Sequenza: “Nella fatica, riposo, nella calura, riparo, nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell’uomo, nulla senza colpa”.
La forza dello Spirito Santo ci dia l’entusiasmo di rimetterci in gioco e diventare o tornare ad essere protagonisti della nostra vita.
@unavoce
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