Catchesi -8,9,10

“DICIAMO IL CREDO … MA È PERICOLOSO?

Dicono le norme CEI che “è opportuno, dopo l’omelia, osservare un breve momento di silenzio”. Cosa quanto mai utile per non buttare al vento quanto il sacerdote ha spiegato delle letture. E conveniente, anche per superare l’abitudine al chiasso e alla fretta che oggi travolge tutto lasciandoci la testa vuota di pensiero. Ed ecco il momento della professione di fede, il Credo: tutto il popolo di Dio lo recita come risposta alla Parola proclamata e spiegata nell’omelia.  Il Credo riassume i grandi misteri della nostra fede. Ci parla di Dio Padre e delle sue opere; ci dice chi è il Figlio, ci parla del suo essersi fatto uomo per salvarci; ci dice chi è lo Spirito e come opera. Ci ricorda che formiamo un solo corpo, la Chiesa, e che siamo in attesa della vita eterna.  Forse conviene riflettere sulle parole del Credo, per dirle in tutta verità, se no, con Dio, che figura ci facciamo! Se credo in Dio, “Padre Onnipotente”, come posso nominare Dio quando sono stizzito? Se credo che il Figlio è disceso dal cielo “per la nostra salvezza”, come posso andare a cercare la salvezza da altra parte che non sia Gesù, mettendola nei soldi, nel successo, nel potere? Se credo che Gesù verrà “nella gloria a giudicare i vivi e i morti”, beh, tra quelli ci sono anch’io di sicuro; allora, come posso fare gli affari miei senza pensare a Chi dovrò renderne conto? Mi perdo d’animo? No. Vado vicino a Pietro per imitarne la preghiera. San Pietro aveva Gesù a portata di mano, vedeva i suoi miracoli e ascoltava dal vivo la sua voce, eppure non aveva molta fede. E diceva in tutta verità: «Signore, io credo, ma tu aumenta la mia fede!»

La preghiera dei fedeli

Nella prima parte della Messa abbiamo accolto nel cuore la Parola e recitato il Credo che riassume i grandi misteri della fede: ora la liturgia dà spazio alla “preghiera dei fedeli”, detta anche “preghiera universale”.  I Vescovi hanno prescritto che, nelle intenzioni che si leggono, non manchi la preghiera per le necessità della Chiesa, per i governanti (se chi governa lo fa con sapienza e cerca il bene di tutti, anche i cristiani possono vivere serenamente la loro fede), per la salvezza di tutto il mondo, per chi si trova in difficoltà, per la comunità locale.  Se entro col cuore in questa preghiera, lascio da parte per un momento i piccoli orizzonti delle preoccupazioni personali; mi apro a una visione ampia della realtà, guardo al mondo intero, e mi scopro parte viva della Chiesa universale. Mi unisco in questo modo a tutti coloro che sulla faccia della terra entrano in dialogo di preghiera con Dio. È una preghiera che allarga il cuore e mi permette di compiere quel “servizio sacerdotale” che è prerogativa dei battezzati: offrire a Dio il sacrificio della preghiera ed intercedere presso il Padre per la salvezza di tutti. Sono queste le grandi azioni che noi compiamo … anche se magari non ce ne rendiamo conto. Conviene allora fermarsi in silenzio a riflettere su quanto avviene nella Messa, per imparare a gioire della ricchezza che Cristo ci ha donato.

LA PREPARAZIONE DEI DONI

Terminata la preghiera dei fedeli ha inizio la “Liturgia eucaristica” che è il cuore della celebrazione, e nello stesso tempo il cuore della vita della Chiesa. Occorre tener presente che la Messa non è altro che il ripetere l’Ultima Cena di Gesù obbedendo al suo comando. Cristo infatti prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli, dicendo: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice e dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: «Prendete e bevete: questo è il mio sangue. Fate questo in memoria di me». Per comprendere e vivere bene il rito bisogna avere dimestichezza col Vangelo e richiamare alla mente quello che accadde quel giovedì santo a Gerusalemme.  Dice l’evangelista Marco che i discepoli domandarono a Gesù dove voleva che preparassero per mangiare la Pasqua. Gesù mandò due di loro in città, con l’incarico di seguire un uomo che portava una brocca d’acqua e, là dove sarebbe entrato, di chiedere al padrone di casa di mostrare la stanza dove mangiare la Pasqua. I discepoli andarono, trovarono come aveva detto Gesù e prepararono per la Pasqua.  Non è Gesù che prepara, ma i discepoli. Così nella Messa non è il sacerdote, ma i ministranti che preparano la mensa. Dispongono sull’altare il corporale, il purificatoio, il calice, il Messale. Poi vengono portate le offerte, cioè il pane e il vino che, con la grande Preghiera Eucaristica, diventeranno il corpo e il sangue di Gesù.  Le altre offerte che si fanno a questo punto della Messa, i ceri, i fiori e le offerte in denaro, sono riservate al servizio della chiesa e alla carità verso i fratelli poveri.  La preparazione dei doni si conclude con l’invito del sacerdote a unirsi a lui nella preghiera, segue la risposta corale dei fedeli e l’orazione sulle offerte. Il popolo, unendosi alla preghiera, fa propria l’orazione con l’acclamazione “Amen”. (cfr. qumran2)