San Benedetto e Sant’ Ignazio: due Santi due Comandanti

 

Per una comunità militare, il cambio del Comandate è sempre un momento importante, non solo per un fatto amministrativo, ma come “vita di famiglia”. I vari comandanti che si susseguono inevitabilmente segano il reparto con le loro caratteristiche umane e professionali e di conseguenza nascono legami, sono solo di rispetto, ma di stima e rinnovato impegno per il reparto stesso. In questi giorni, al vertice del 15° Stormo, c’è l’avvicendamento del Comandante di Stormo. In questa cornice vorrei proporvi questa lettura.

“Queste poche righe non vogliono offrire una riflessione sull’arte del comando quanto piuttosto sull’attenzione all’uomo e alla sua dimensione spirituale, mai abbastanza meditata. È importante che colui che comanda abbia e sviluppi sempre piú tale sensibilità. Spesso, anche nel mondo militare, si cede all’illusione efficientista di un materialismo che guarda alla “produttività”, relegando ai margini tutto ciò che non è immediatamente tangibile. La tentazione purtroppo sarà sempre più frequente ed è contro tale ristrettezza di vedute che bisogna avere il coraggio di lottare. Ma cosa si intende per “attenzione all’uomo” e alla sua “dimensione spirituale”?

Sono due gli elementi che occorre evidenziare e che potremmo indicare nella loro totalità anche come fattore umano:

1) Attenzione all’uomo visto sempre come fine e mai come mezzo, nella sua dignità intrinseca e nella sua conseguente struttura relazionale.

2) Attenzione alla dimensione spirituale. 

La dimensione spirituale, postulata dal primo elemento, viene tuttavia specificata per sottolinearne l’importanza. Essa significa considerazione per quanto di piú profondo e di piú vero c’è nell’uomo, per il suo elemento piú decisivo, la sua capacità di oltrepassare ogni limite. Essa postula l’attenzione alla sua esigenza di relazionarsi con l’assoluto e che si concretizza nella religiosità e nelle varie forme di spiritualità. L’uomo è l’unico essere capace di trascendere se stesso e i limiti impostigli dalla materia in un anelito verso l’assoluto che è insopprimibile e che esige di essere riconosciuto…”. (Cfr. Lo stile del comando)

Ora, al di la, della cronaca, vorrei soffermarmi sul significato spirituale che potrebbe assumere un evento di questo genere per una comunità militare. Per un reparto, questo momento è sinonimo di ricordo del passato e dell’impegno profuso e slancio verso il futuro. Nel salutare un comandate che parte e l’altro che arriva si ripensa alle gesta di tanti uomini e donne che hanno lavorato e lavorano in un Base. Il Comandate viene scelto per le sue doti umane e professionali e il suo compito è prima di tutto gestire delle persone, motivandole, creando sinergie e unità perché gli obiettivi possano essere perseguiti nel migliore dei modi, ovviamente questi fini sono condizionati, talvolta, dalle singole doti delle persone che di volta in volta si susseguono, ma al di la delle caratteristiche personali, rimane il fatto che ogni uomo o donna che viene nominato Comandante di un reparto non può dimenticare il gravoso e onorevole compito che assume con questa carica.

Ora, per celebrare questo giorno, come vi accennavo all’inizio, vorrei offrirvi una chiave di lettura, partendo dalla Regola di San Benedetto, al Cap. II dove si parla delle caratteristiche che deve avere chi viene scelto come Abate e al Cap. II delle Costituzioni dei Gesuiti, sulle caratteristiche umane e spirituali che deve avere il Preposito Generale dell’Ordine.

Due modelli di leadership che ci portano alle caratteristiche che potrebbero o dovrebbero caratterizzare chi tra di noi è chiamato a ricoprire questo incarico.

“Un abate degno di stare a capo di un monastero deve sempre avere presenti le esigenze implicite nel suo nome, mantenendo le proprie azioni al livello di superiorità che esso comporta… il suo comando e il suo insegnamento devono infondere nelle anime dei discepoli il fermento della santità… e sappia che il pastore sarà considerato responsabile di tutte le manchevolezze che il padre di famiglia avrà potuto riscontrare nel gregge…”. (Cfr. Regola, Capitolo II – L’Abate)

“Quanto alle doti che si devono attendere nel Superiore Generale … che sia persona, che con l’esempio di ogni virtù aiuti… In lui deve risplendere, in modo speciale, la carità col prossimo … e la vera umiltà… dev’essere libero da ogni passione, tenendole domate e mortificate, perché non gli perturbino interiormente il giudizio della ragione; ed esteriormente dev’esser tanto padrone di sé e così misurato, massimamente nel parlare, che nessuno possa notare in lui parola o atto che non lo edifichi …deve saper temperare la rettitudine e la necessaria severità con la benignità e la mansuetudine … gli è molto necessaria la magnanimità e la fortezza d’animo per sopportare le debolezze di tanti, per intraprendere cose grandi  … dovrebbe esser dotato di grande intelligenza e giudizio, perché questo talento non gli faccia difetto né nelle questioni speculative né in quelle pratiche che si presentassero… che sia vigilante e sollecito nell’intraprenderli e risoluto nel condurli al fine…”.  (Cfr. Le Costituzioni, Cap. II Qualità che deve avere il Superiore Generale)

Direi che senza commentare possiamo intravedere quale spessore un uomo o donna debba avere per svolgere con serietà questo compito.

“… la forza più grande di un leader sta nella sua visione personale, che egli trasmette agli altri con l’esempio della sua vita personale. Se volete che il vostro team abbia una performance eroica, siate voi stessi degli eroi. Se volete che i vostri dipendenti si aiutino reciprocamente, aiutateli voi per primi con l’incoraggiamento, la lealtà e un onesto coaching: tutto ciò che occorre affinché procedano spediti verso la perfezione. La leadership non dispone di nessuno strumento altrettanto utile quanto l’esempio offerto dalla vita del leader”. Sant’Ignazio di Loyola non lasciò ai confratelli gesuiti “tutti gli affari minori”, bensì “tutti gli affari”. Infatti, dopo aver impartito le sue istruzioni, Loyola aggiungeva: “trovandovi direttamente sul campo, potrete vedere molto meglio di me ciò che è necessario fare”. “Lascio ogni cosa al vostro personale discernimento e ogni decisione verrà da me considerata la migliore”. Loyola credeva fermamente nella delega e più volte lo dimostrò con i fatti…

Esercitare la leadership non significa semplicemente fare in modo che qualche lavoro venga svolto. Per ogni leader questo significa esercitare un’influenza, avere una precisa visione, essere perseveranti, infondere energie negli altri, essere aperti alle innovazioni e offrire i propri insegnamenti”. (Cfr. Siate leader di voi stessi, di Alberto F. De Toni)

Con questo spirito auguro ogni bene a chi lascia e a chi assume l’incarico, affinché possa essere con questa capacità di considerare l’uomo al centro del servizio che gli viene richiesto.

“Essere comandanti significa prima di tutto essere davvero uomini: nobili con i superiori, nobili con i subalterni. Certo, con il comandante si collabora, e al comandante si obbedisce, per il fatto che “è” il comandante, nondimeno un rapporto umano sincero e un atteggiamento collaborativo gioveranno sempre al morale degli uomini e alla condotta delle operazioni”. (Cfr. Lo stile del comando)

Occorrerà metterci il cuore… un cuore grande o se si preferisce… una grande anima.

Buon Lavoro!!!

@unavoce

Foto di Copertina: Cerimonia di cambio Comando al 15° Stormo