Fidarsi del Signore

 

“Mi piace ricordare Romano Guardini, che diceva: la pazienza è un modo con cui Dio risponde alla nostra debolezza, per donarci il tempo di cambiare

(2 febbario  – dall’omelia di Papa Francesco)

 

Abbiamo celebrato da poco la Festa della Presentazione del Signore al tempio. Nel vangelo di quel giorno abbiamo visto un personaggio, Simeone, il vecchio che salito al tempio per pregare incontra Gesù, da sempre lo attendeva e il Signore gli aveva promesso che non sarebbe morto senza vedere prima il Salvatore.

Questo anziano personaggio ci ricorda il valore della pazienza e per portare alla vostra attenzione questo atteggiamento dello spirito vorrei riproporvi alcuni passaggi dell’Omelia che il santo Padre ha pronunciato il giorno della festa nella cornice della celebrazione per la giornata della vita consacrata.

Parla ai consacrati, ma credo che questo valore della vita possa essere importante per ogni persona.

Come sempre queste pagine non hanno l’ambizione di fare nuovi proclami o lanciare idee nuove, concetti rivoluzionari, o altro, ne cronaca, ma solo prendere dalla vita quotidiana dal trascorre del tempo, dagli eventi che si susseguono alcuni spunti per fermarci a riflettere.

Più volte abbiamo detto che il mondo corre veloce e tutti dicono e vogliono dire le proprie verità, vogliono farsi vedere al mondo, senza pretese quindi, con umiltà e senso di limitatezza, presento a voi, miei lettori, di tanto in tanto alcuni spunti mettendo in evidenza ciò che accade o viene detto attorno a noi, in chiave religiosa e umana alla luce della vita delle nostre comunità con le stellette.

“Simeone ha saputo rimanere vigile fino al giorno in cui ha visto la salvezza. Ha saputo sperare nell’attesa paziente. La pazienza, osserva il Papa, Simeone l’ha ricevuta dalla preghiera e l’ha imparata dall’esperienza del suo popolo che nel Signore ha sempre riconosciuto un “Dio misericordioso e pietoso”, che non si stanca di fronte all’infedeltà, ma attende sempre la nostra conversione. “La pazienza di Simeone, dunque, è specchio della pazienza di Dio”, il Padre che, dice ancora Francesco, da noi “non esige la perfezione ma lo slancio del cuore”, che cerca di parlarci anche quando noi siamo chiusi all’ascolto. Questo è il motivo della nostra speranza: Dio ci attende senza stancarsi mai. Dio ci attende senza stancarsi mai. E questo è il motivo della nostra speranza. Quando ci allontaniamo ci viene a cercare, quando cadiamo a terra ci rialza, quando ritorniamo a Lui dopo esserci perduti ci aspetta a braccia aperte. Il suo amore non si misura sulla bilancia dei nostri calcoli umani, ma ci infonde sempre il coraggio di ricominciare. Ci insegna la resilienza, il coraggio di ricominciare. Sempre, tutti i giorni. Dopo le cadute, sempre, ricominciare. Lui è paziente… La pazienza non è segno di debolezza: è la fortezza d’animo che ci rende capaci di “portare il peso”, di sopportare: sopportare il peso dei problemi personali e comunitari, ci fa accogliere la diversità dell’altro, ci fa perseverare nel bene anche quando tutto sembra inutile, ci fa restare in cammino anche quando il tedio e l’accidia ci assalgono… Nelle nostre comunità occorre questa pazienza reciproca: sopportare, cioè portare sulle proprie spalle la vita del fratello o della sorella, anche le sue debolezze e i suoi difetti. Tutti. Ricordiamoci questo: il Signore non ci chiama ad essere solisti – ce ne sono tanti, nella Chiesa, lo sappiamo; no, non ci chiama ad essere solisti, ma ad essere parte di un coro, che a volte stona, ma sempre deve provare a cantare insieme. (Cfr.o.c.)

Termino con l’ultima raccomandazione che il Papa ha fatto nel salutare l’assemblea di questa celebrazione:

ci vuole pazienza” anche per questa situazione. Poi rivolge due raccomandazioni utili, dice, per la vita comunitaria. La prima è fuggire dal chiacchiericcio, l’altra è non perdere il senso dell’umorismo: E’ l’anti-chiacchiericcio: saper ridere di sé stessi, delle situazioni, anche degli altri – con buon cuore – ma non perdere il senso dell’umorismo e fuggire dal chiacchiericcio. Questo che io vi raccomando non è un consiglio troppo clericale, diciamo così, ma è umano: è umano per portare avanti la pazienza. Mai sparlare degli altri: morditi la lingua. E poi, non perdere il senso dell’umorismo: ci aiuterà tanto. Le ultime parole sono ancora di incoraggiamento pensando alle tante difficoltà, al dolore davanti alla mancanza di vocazioni. “Avanti, – esorta – coraggio: il Signore è più grande, il Signore ci vuole bene. Andiamo dietro al Signore“. (Cfr.o.c.)

Valgano anche per noi, le nostre comunità di cristiani, di lavoro e di gruppo, aver pazienza, saper ridere di noi stessi senza prenderci troppo sul serio e capaci di parlare bene gli uni degli altri.

@unavoce

 

Foto di Copertina: Papa Francesco celebrazione del 2 febbraio 2021