“Visita Virtuale del Cappellano” – (E-mail del secondo lunedì del mese: Aprile 2021)

Cari amici,

queste mie visite virtuali, al vostro cuore e alla vostra vita spirituale, oggi, vi giunge parlando di libertà. Leggeremo in questo testo, forse un po lungo, ma che potete leggere con calma e in più giorni, sulla libertà nella vita del cristiano: “Paradossalmente, la libertà raggiunge la sua pienezza quando si sceglie di servire”. La libertà diviene matura nell’amore di Dio.  Vi propongo un testo di don Carlos Ruiz Montoya. Buona lettura.

@unavoce

 

Verso la libertà

Paradossalmente, la libertà raggiunge la sua pienezza quando si sceglie di servire. Al contrario, la pretesa di una libertà assoluta, indipendente da Dio e dagli altri, senza niente che la limiti, sfocia in un io che si prostra davanti al denaro, al potere, al successo o ad altri idoli, più o meno brillanti, ma effimeri e senza valore.

«La libertà di un essere umano è la libertà di un essere limitato, ed è quindi limitata essa stessa. Possiamo possederla soltanto come libertà condivisa, nella comunione delle libertà: solo se viviamo nel modo giusto l’uno con l’altro e l’uno per l’altro, la libertà può svilupparsi»[2]Abbiamo bisogno degli altri non soltanto per ciò che riceviamo da loro, ma anche perché siamo fatti per donare. Non c’è crescita personale che non dipenda dai bisogni di quanti stanno attorno a noi: il marito cresce nel servizio alla moglie e ai figli, e lo stesso accade per la moglie; l’avvocato esercita la sua professione per servire il cliente e il bene comune dei cittadini; il malato si mette nelle mani del medico e questi si deve adeguare al paziente…; chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve[3]Il servizio che Cristo chiede ai suoi discepoli non consiste soltanto nel dare qualcosa, ma nel dare se stesso, nel mettere radicalmente in gioco la propria libertà. Ha scritto Papa Benedetto XVI nella sua prima enciclica: «L’intima partecipazione personale al bisogno e alla sofferenza dell’altro diventa così un partecipargli me stesso: perché il dono non umili l’altro, devo dargli non soltanto qualcosa di mio, ma me stesso, devo essere presente nel dono come persona»[4]Dare me stesso completamente, donarmi del tutto, significa semplicemente donare la mia libertà: donarla per amore. Donando la libertà per amore diventiamo più capaci di amare e di donarci, e quindi più liberi. Questo è il gioco della donazione personale: dare senza perdere. O meglio: guadagnare nel dare. Quando riponiamo interamente in Dio la nostra libertà, senza altre garanzie che cercare e fare la sua volontà, otteniamo l’identificazione con Cristo, e recuperiamo la libertà a un livello più profondo: un’intima libertà filiale che nessuna circostanza o nessun potere possono sottomettere. Per Lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in Lui[5].

Cercare Cristo

«Ad ogni uomo è affidato il compito di essere artefice della propria vita»[6]. Ciascuno può fare della propria vita un capolavoro di amore; con cose ben fatte, con errori, con debolezze: tutto va bene. L’importante è non perdere di vista la luce, il vero fine, Colui nel quale gioisce il nostro cuore[7], l’unico che può colmare la capacità di amare, verso il quale vogliamo orientare radicalmente la libertà. Le scelte particolari – iniziare e svolgere un lavoro, stabilire un orario, assumere un impegno, grande o piccolo – fanno riferimento, alla fine, a un bene desiderato per se stesso, non in funzione di altro. Il bene che amiamo in maniera assoluta ci caratterizza più di qualunque altra cosa. Questo fine dà un senso ultimo alle piccole azioni di ogni giorno, guida il comportamento concreto, è il criterio che indica, nel dubbio, ciò che conviene o non conviene fare. Uno dei punti dove il Vangelo mostra l’orientamento dell’esistenza come frutto delle scelte personali è l’episodio del giovane ricco. Il cuore inquieto di quest’uomo lo spinge a cercare il cammino dell’autentica felicità. Non volendo accontentarsi di poco, si rivolge a chi ha le risposte definitive, a Gesù: Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?[10]. La risposta del Signore non è meno radicale della domanda. Per prima cosa indica i modi incompatibili con l’oggetto della ricerca: Non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso…[11]Poi gli indica la direzione che porta alla pace e alla gioia autentiche: Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi[12]Queste parole ridimensionano l’importanza di tutto ciò che fino a quel momento era al centro dell’interesse del giovane. La sua libertà si scontra con un’alternativa non prevista, un invito ad ampliare l’orizzonte della propria vita.

Ritornare a Cristo

Perseverare nell’amore non consiste in una lotta impegnata a non sbagliare mai. Nessun veliero arriva in porto seguendo una linea retta, ma cerca di utilizzare i venti che trova e corregge continuamente le deviazioni registrate dagli strumenti di navigazione. L’importante è sapere dove si vuole arrivare ed essere vigilanti. È necessario rimettere in gioco la libertà molte volte, soprattutto quando ci si rende conto di aver iniziato a servire altri padroni[16]Per non perderci, dobbiamo esaminare ogni nostro comportamento alla luce della vocazione, il faro divino che orienta la libertà. È indispensabile quindi essere disposti a ricominciare, a ritrovare, nelle nuove situazioni della nostra vita, la luce e l’impulso della prima conversione. E questa è la ragione per cui dobbiamo prepararci con un approfondito esame di coscienza, chiedendo aiuto al Signore per poterlo conoscere meglio e per conoscere meglio noi stessi. Se vogliamo convertirci di nuovo, questa è l’unica strada[17]La mancanza di gioia è uno degli indicatori che permettono di scoprire quando la volontà sta perdendo l’orientamento verso Dio. Con la luce dello Spirito Santo potremo vedere dove è riposto il nostro cuore, per correggerci in ciò che è necessario. La parabola del figlio prodigo è una buona guida nell’itinerario verso la conversione. Il punto di partenza è il momento nel quale il figlio si accorge della propria indigenza materiale e spirituale – la mancanza di gioia –; e prende coscienza di aver abusato della propria libertà filiale. Comincia allora a esaminare la sua situazione con obiettività. Guarda dentro di sé, in se autem reversus[18], senza paura di scoprire la dura verità dei fatti. È un panorama di fame, di solitudine, di tristezza, di mancanza di affetto… “Come sono arrivato a questa situazione?”, si sarà domandato. Avrebbe potuto attribuire la colpa alla cattiva sorte o al periodo di carestia che attraversava il paese. E invece ha il coraggio di assumersi la responsabilità delle proprie decisioni iniziali.

Vivere in Cristo

Nell’Apocalisse san Giovanni descrive una moltitudine innumerevole davanti al trono e davanti all’Agnello, tutti avvolti in vesti candide e con le palme tra le mani[24]. La palma è simbolo della gioia e della vittoria: della gioia di onorare Dio e della vittoria di coloro che gli danno gloria per sempre. Proseguendo questa immagine, potremmo dire che la palma della libertà sta nel suo orientamento a Dio fino ad arrivare alla vittoria definitiva della santità raggiunta. Come otterremo una conquista tanto preziosa? Il Concilio Vaticano II insegna che «la libertà dell’uomo, che è stata ferita dal peccato, può rendere pienamente efficace questa ordinazione verso Dio solo con l’aiuto della grazia divina»[25]Per questo Dio ha inviato suo Figlio, che è venuto in nostro aiuto per farci partecipi della sua vittoria sulla Croce affinché ricevessimo il dono dello Spirito Santo. La nostra libertà è stata liberata sul Calvario: «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi. In Lui abbiamo comunione con la verità che ci fa liberi. Ci è stato donato lo Spirito Santo e, come insegna l’Apostolo, dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. Fin d’ora ci gloriamo della libertà dei figli di Dio»[26] Dio aveva promesso al suo Popolo un principio nuovo di vita, una legge scritta nel cuore, che non soltanto indicasse la direzione, ma desse anche le forze per percorrere il sentiero dell’amore di Dio: Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei precetti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi[27]Questa promessa si è compiuta con l’invio dello Spirito Santo, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato[28]. Soltanto su questo principio nuovo potremo costruire una vita liberata dalla schiavitù dell’egoismo, una vita da figli liberi. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio[29]La volontà deve poggiare sulla roccia soprannaturale della filiazione divina e non sulla sabbia delle proprie forze. Allora si potranno vincere i limiti personali, superando gli ostacoli grazie all’umiltà, con la forza di Dio. La volontà soprannaturalmente buona vive così divinizzata, cercando di fare in tutto la Volontà di Dio. Come? Mediante l’oblio di sé, con la fortezza di Cristo. Mi vanterò quindi – dice san Paolo – ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte[30]Il senso della filiazione divina è un fondamento realista in vista della libertà: insegna a ricominciare a partire dalla verità della propria piccolezza, che è nel contempo la grandezza di essere figlio amatissimo di Dio; è fonte di serenità e di ottimismo per lottare. Il figlio di Dio si sente sostenuto dall’onnipotenza di un Padre che lo ama con i suoi difetti, mentre lo aiuta a lottare contro di loro e lo sospinge verso la libertà. 

Ruiz

[2] Benedetto XVI, Omelia, 8-XII-2005.

[3] Lc 22, 27.

[4] Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est, n. 34.

[5] Fil 3, 8.

[6] Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 4-IV-1999, n. 2.

[7] Cfr. Sal 32 (33), 21.

[8] San Tommaso d’Aquino, De Malo, q. 8, a. 2, c.

[9] Sant’Agostino, Le confessioni, 1, 1, 1.

[10]Lc 18, 18.

[11]Lc 18, 20.

[12]Mt 19, 21.

[13] San Giovanni della Croce, Cantico spirituale, 3, 3.

[14]Amici di Dio, n. 37.

[15]Mt 19, 22.

[16] Cfr. Lc 16, 13.

[17]È Gesù che passa, n. 58.

[18]Lc 15, 17.

[19]Ibid, 15, 17.

[20]Gv 8, 32.

[21]Lc 15, 18-20.

[22]Ibid., 15, 20.

[23]Amici di Dio, n. 13.

[24] Cfr. Ap 7, 9-10.

[25] Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, n. 17.

[26]Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1741; Gal 5, 1; cfr. Gv 8, 32; cfr. 2 Cor 3, 17; cfr. Rm 8, 21.

[27]Ez 36, 26-27.

[28]Rm 5, 5.

[29]Ibid., 8, 14.

[30]2 Cor 12, 9-10.