Un nuovo annuncio

Se il pescatore vuol fare una buona pesca, deve recarsi dove si trova il pesce − ma il pesce va sempre contro corrente: quindi deve andare da quella parte.
(Søren Kierkegaard)

 

Quando si parla di Chiesa ai giovani che non frequentano abitualmente, occasionalmente o ormai non più la vita della Chiesa, noi ci domandiamo il perché e le risposte rischiano di essere solo accademiche perché pur sapendo come fare siamo frenati da un senso di impossibilità a fare cose divere per paura del giudizio. Così offriamo risposte che alla fine se pur vere non risolvono il problema e non lo affrontano nel modo giusto, pertanto questa mia chiacchierata a voce con voi per pormi ancora una volta queste domande: se ho cento giovani e mi frequentano la vita della parrocchia solo sette, gli altri dove sono? Li conosco? So che vita fanno? …

Per me questo è prioritario, voglio conoscerli tutti indipendentemente, allora è necessario che il nostro linguaggio cambi perché non è più corrispondete alla vita e all’attuale società e cambiare non significa distruggere o svendere, ma solo cambiare i modi. Questo nostra fissità a non cambiare gli schemi o adattarli in modo clericale ha contribuito ad allontanarli e insieme ad una scarsa o insufficiente conoscenza delle cose della chiesa, li abbiamo persi o tralasciati.

Ora, come recuperare? Vivendo la loro vita, senza diventare ridicoli, ma condividendo le loro attività e le loro scelte anche se da adulti potremmo voler dire a loro cosa fare, ma loro devono fare e solo dopo potremo essere di aiuto o ritenute persone a cui chiederanno consiglio.

Dopo questo primo e fondamentale passo, una volta che avremo conquistato la loro fiducia e pur nel divario di età, essere diventati amici, saranno loro stessi che inizieranno i discorsi e allora noi potremo, perché ci verrà chiesto, cosa ne pensiamo e noi poter spiegare con chiarezza e in modo semplice sia sulla vita della Chiesa che sulla fede, dividendo la fede dalla struttura e facendo comprendere limiti e pregi di una istituzione che è a servizio del Messaggio, solo così i giovani – che in questa età credo ancora negli ideali, a differenza nostra che ormai navigati sappiamo che potrebbero non portare da nessuna parte, apriranno il cuore e scorgeremo la bellezza e la ricchezza di questo tempo che sa ancora stupirli e incantarli e lì, a commento di un film, o una canzone, si potrà offrire una risposta seria e condivisibile.

Ora, quindi credo che bisogna riprendere il discorso da capo e ricucire quello strappo che si è creato dal distanziamento dalla vita della Chiesa dando risposte efficaci e chiare ai loro questi e far comprendere la bellezza e la ricchezza spirituale della Chiesa, riconoscendo limiti della storia e attuali, con umiltà. La Chiesa ha già compiuto gesti di questo tipo e sa bene cosa deve fare, ma poi nel quotidiano al di là dei momenti mediatici ci sfugge la situazione e scrivo, come vi dicevo, per parlare ad alta voce con me stesso, prima di tuto e offrire spunto a chi più grande ha opportunità di vivere accanto ai giovani condividendo i loro momenti.

L’obbligatorietà della Messa sicuramente è il primo ostacolo non scoprendola come necessità, la preghiera personale la seconda che rimane in qualche caso solo come richiesta sullo stesso piano dell’oroscopo o delle carte, per alcune necessità particolari e terzo la formazione, catechesi, alla quale ormai da molto non ne vogliono più sapere, tutte cose che non servono ai loro occhi per passare poi al rifiuto dei comandamenti e della morale cattolica, lontana dal loro modo di pensare.

Cosa fare? Certo non possiamo svendere il messaggio, ma possiamo andare contro corrente e proporre una vita di Chiesa diversa, aperta e accogliente e non a parole ma con i fatti, si può fare. Una Chiesa che sa essere presente nei loro santuari della vita e del ritrovo, in modo informale e vivace dove, spogliati dalle nostre idee di annuncio, ci mettiamo in ascolto rispettoso e vero di quello che chiedono con la loro vita.

Parlare di carità, attenzione e accoglienza a chi non ha lavoro e fatica a pagare le bollette, parlare di morale dove l’ideale della vita è il successo senza fatica, parlare di amore e fedeltà in un contesto di separazione, abbandoni, fallimenti e scandali anche di noi uomini di chiesa, certo non ci aiuta.

Umilmente è necessario riconoscere i limiti e trovare il tempo per stare con loro vincendo le nostre sicurezze o timidezze e rispondere con chiarezza, perché solo così avranno la voglia, magari, di fari alcune domande spinose alle quali noi dobbiamo rispondere con onestà intellettuale, corretta, professionalmente e culturalmente e offrire uno spiraglio di possibilità per poter condividere una scelta.

Esserci, stare, dedicare tempo, … ma questo sembra una perdita, agli occhi dei nostri cattolici praticanti e a noi preti occupati a mandare avanti un’azienda, la Parrocchia, preoccupati più delle strutture, ma per chi come me ha la possibilità di dedicare tempo alle persone perché in un contesto differente, allora non posso farmi scappare l’occasione, diventando fratello e  amico maggiore, ma solo per età, di esserci per offrire le risposte ai loro dubbi, attraverso una voce meno clericale e più umana partendo dalla creatività della vita dei giovani con un linguaggio da loro comprensibile per arrivare al cuore delle situazioni.

Partire dai doveri o dai dogmi, partire dai precetti o dai valori, torna difficile, perché sono disillusi dai grandi e allora invertiamo la rotta e ci accorgeremo che il risultato sarò differente, avremo attratto la loro attenzione e avremo potuto spendere una parola per parlare di quegli argomenti che solo nelle formazione, catechesi e omelia noi facciamo e scendendo dal pulpito, con lo stile, senza diventare ridicoli, del loro tempo, proporre qui valori che loro cercano altrove e che non sanno e non riescono più a vedere nella nostra cultura, cercando altre soluzioni che pur belle e rispettabili non sono parte della nostra tradizione sociale e territoriale.

Il nuovo e il bello si propone attraverso le cose che attraggono e in quelle far scoprire che un ramo in fiore è la perfezione del creato che possiamo vedere in tutto educando il cuore ad accorgersi a stupirsi ad appassionarsi.

Una chiesa parrocchiale che non può avere tutti i ragazzi del suo quartiere sottocchio, non ha assolto al suo mandato. Quelli che ci sono ok e gli altri? La pecora smarrita val più delle novantanove nel recinto. Questo significa aver tempo e dedicarlo a loro nello stare con loro negli ambienti del loro quotidiano, dalla scuola, al tempo libero, dalla famiglia ai primi amori, dal divertimento al momento drammatico.

Tutte cose ovviamente che sappiamo e che diciamo, ma che con fatica per come è strutturata la vita della Chiesa, poi non riusciamo a fare se non facendo programmi e lettere, discorsi e proclami, proposte che sono adatte solo a chi ha già una consapevolezza, ma ancora una volta la domanda: e quelli più lontani? Quelli catalogati come i ragazzi della piazza o del muretto? Solo un giudizio negativo discutendo e accusandoli in ogni loro scelta e decisione, demonizzando ogni aspetto del loro stile di vita. Se facciamo così non li avvicineremo mai e loro rispettosamente si allontaneranno sempre di più.

Svestiamoci e cambiamo linguaggio, e se i nostri fedelissimi si scandalizzano, che si scandalizzino, magari si rianimano dal loro torpore. Ci giudicheranno comunque, quindi “non ti curar di loro, ma guarda e passa”, non è un problema che mi deve preoccupare più di tanto con il rischio inoltre che mi distolga da quello che invece è l’impegno, ricordiamo che hanno criticato anche Gesù. A me importa poter entrare in casa di Zaccheo, incontrare la Maddalena, andare dalla famiglia di Lazzaro o in quella del Centurione, di essere accanto a Giuda e camminare con i lebbrosi, star accanto a quelli che vengono additati per scelte morali, etiche, religiose, politiche o culturali differenti, comprendendo e rispettando le loro opinioni e offrendo un volto del mondo normale, meno incenso e più spirto di aggregazione, meno idealismo e più offerte di riflessione cogliendo i momenti belli e difficili della loro vita e proponendo una lettura differente delle cose.

Essere normali non significa essere tutti uguali, credere in Dio non significa aver ragione su tutto, ma significa far scoprire nel tutto la presenza trascendete di una entità che noi chiamiamo Dio presente nel vivere di chi sa guardare non solo con gli occhi ma anche con il cuore la vita.

Allora, tutti siamo chiamati nel quotidiano a offrire un volto di Dio che sa essere amico e fratello, amore e pace nella diversità di linguaggi e scelte di vita. Lasciamoci guidare dai grandi santi a partire da San Francesco e prima ancora, sino ai nostri giorni, della storia della Chiesa che hanno avuto il coraggio di andare controcorrente e costruire la Chiesa: Una, Santa e Cattolica.

@unavoce

 

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