Chiamati per nome

Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».  Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».  Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, (Lc 19, 5-9)

 

Di recente il Santo Padre, parlando ai giovani dell’Azione Cattolica Italiana, ha ricordato che: “Essere “giovani credenti responsabili credibili”. Quindi interessarsi alla “realtà sociale”, mutata, anzi, stravolta dalla pandemia. E prendersi cura della gente, soprattutto dei più deboli, ricordando che il motto del cristiano è “mi interessa” e non “me ne frego”. “È più pericolosa di un cancro la malattia del menefreghismo dei giovani”. (Cfr. Vatican.va)

Proprio in questo atteggiamento di impegno concreto, la figura di Zaccheo, riportata dal Vangelo, si collega alle parole del Pontefice. Lo stile che il cristiano deve avere ha queste caratteristiche per incontrare gli “Zaccheo” del mondo. Avere un atteggiamento di interesse, di impegno sociale concreto, un impegno sociale con il cuore cristiano, con il cuore di Dio. Un impegno che sia reale, serio, equilibrato che richiami alla giustizia, si!, ma nella giusta misura per non cadere negli errori (anche recenti purtroppo) che alcuni esponenti, degli ambiti della nostra società, crede di poter disporre per il bene comune e che invece sono voce di discriminazione. Così facendo non guardiamo in alto, ne facciamo scendere dall’albero, ma rischiano di diventare una condanna senza vera giustizia e tanto meno carità, per aiutare a cambiare, biosgna conoscere e “chiamare per nome”.

Impegnarci ad accorgerci di questi “piccoli” che salgono sull’albero per vedere Gesù, sarà la strada della vita cristiana. Solo con questa forza e questa attenzione possiamo essere cristiani nel mondo e per il mondo e nel momento che li vediamo dobbiamo chiamarli per nome, conoscerli, interessarci. E’ questa singolarità, questo “a tu per tu” che apre il cuore e rimette in gioco e salva. La pena deve esserci, Zaccheo dà ai poveri, restituisce, cambia vita e non deve invece portare al fallimento totale. L’aiuto o presunto aiuto che vogliamo dare o che rivendichiamo, con le nostre azioni in nome della giustizia, perchè così facendo mettiamo il peccatore in condizione di non sbagliare (pensiamo noi) non aiuta, non educa non gli da la possibilità di ravvedersi e questo non è umano, ne sociale e tanto meno cristiano.

Molti sono lontani dalla Chiesa perché forse noi cristiani non ci accorgiamo di questi “Zaccheo” che incrociamo nella vita. Talvolta noi facciamo adunate, parliamo alle folla, ma il Signore ci dice che per conquistare il cuore bisogna chiamare per nome, solo dopo che questo “Zaccheo” si è sentito conosciuto e accolto sarà disposto ad invitare Gesù in casa sua e a cambiare e solo dopo potremo allora chiamare e radunare la folla per parlare e annunciare.

Abbiamo bisogno di uscire dai nostri schemi, abbiamo bisogno di essere veri, autentici come cristiani, nella Chiesa e nella società, non a parole ma con i fatti. Non possiamo passare senza accorgerci di chi ci sta accanto e non dobbiamo fare proseliti ma solo testimoniare l’amore con la nostra vita, impegnarci in prima persona, senza menefreghismi, ma interessarci della vita, di ogni vita.

Camminiamo nelle strade del mondo, viviamo le nostre storie, ma impariamo ad accorgerci, ad alzare lo sguardo e scorgere chi è sull’albero, perché questi, anche se non lo chiedono, vogliono vedere Gesù. Non è vero che il mondo non vuole Dio, è ancora alla ricerca del cristiano vero che è capace di appassionare a Gesù. Questa allora è la responsabilità grande non solo per la Chiesa e i preti, ma per ogni battezzato.

Chiamare per nome significa entrare in contatto, desiderare di conoscere, di capire e non giudicare. Non lasciamoci frenare dal giudizio o dal pregiudizio “va a mangiare a casa di un peccatore”, perché la salvezza viene dall’amore e non dalle belle parole.

Il cristianesimo è tutto qui, accorgerci di chi abbiamo accanto e chiamarlo con amare. Da qui parte la salvezza e da qui le regole hanno senso, la vita sociale, la vita cristiana, la vita della Chiesa, la vita dei singoli ha senso e sarà l’impegno concreto in ogni abito della vita umana e gli strumenti indispensabili per imparare ad alzare lo sguardo e vedere chi vuole incontrare Dio ed impegnarci tutti nella vita sociale.

Non ho mai trovato, se non nei libri, atei veri, ho trovato degli scettici, dei lontani dalla pratica religiosa, ma ho sempre trovato in queste persone, che tutti allontaniamo perché sembrano critici, uomini e donne che cercano risposte e noi abbiamo il dovere di dargliele e per dargliele bisogna conoscere, bisogna vivere in prima persona, bisogna credere.

@unavoce

 

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