“Come il signore si vede dal modo come tratta i poveri, così l’elegante sa stare fra gli ineleganti, senza metterli a disagio” Ogni persona che induca a pensare quanto costa l’abito che porta, non lo sa portare. Riccardo Bacchelli (1891-1985), oltre che grande romanziere, è stato un vivace autore di elzeviri giornalistici. Uno di questi, intitolato Vestir bene, tocca un argomento a prima vista futile, quello dell’eleganza. In realtà, per questa via esteriore è possibile penetrare in un orizzonte che ha anche una dimensione morale. Lo stile di comportamento di una persona può essere, infatti, un riflesso della sua dignità interiore. Con il vestito, coi gesti, col porgere si riesce a mostrare una capacità di convivenza. Come una persona ben vestita può mettere a disagio un povero, a causa della sua ostentazione, così anche una persona colta può allontanare da sé con la sua arroganza intellettuale un altro che ha una minore capacità a quel livello. L’apparenza è, certo, secondaria rispetto all’essere, lo stile è meno rilevante della sostanza, la forma non è prevalente rispetto al contenuto. Tuttavia anche questo profilo estrinseco ha un suo significato: pensiamo, ad esempio, alle attuali relazioni umane prive di educazione, sguaiate e volgari. C’è, quindi, un valore anche nel modo di stare con gli altri, di parlare e di comportarsi: spesso è un indizio dell’anima, è una sorta di segnale della dignità personale. «Nell’esercizio anche del più umile dei mestieri – diceva lo scrittore tedesco Heinrich Böll – lo stile è un fatto decisivo».” (cfr. Card. Gianfranco Ravasi, Avvenire)

 

C’è un’eleganza della vita che non costa nulla e non è patrimonio di alcuno ma può essere bene per tutti di ogni razza e colore, di ogni religione e pensiero ed è l’eleganza della vita e delle sue espressioni. Non si tratta solo di come apparire esternamente ma di come essere interiormente. Come l’occhio è lo specchio dell’anima, ci dicono, così i nostri modi sono l’essenza di chi siamo. Già abbiamo trattao questo argomento in un altro articolo: “Eleganza Spirituale – Indossa l’abito del Vangelo”, ma forse è il caso di ridircelo per tornare a quei modi semplici che hanno fatto grandi l’umanità,  e non solo i limiti di essa. Quei modi che forse sono fuori moda ma che dicono un cuore e un anima grande capace di accorgersi e di dare spazio anche a Dio.

C’è e ci può essere una eleganza del parlare, del vivere, dell’agire, del comportarsi che riassumono i valori in cui crediamo: rispetto, collaborazione, dialogo che parlano attraverso i nostri modi, di come ci rapportiamo e ci presentiamo in mezzo agli altri.

Un abito pulito e ordinato al di là del designer e del costo, dice l’importanza dell’evento, il linguaggio discreto, pulito e semplice al di là della cultura personale dice molto di chi sei e di come ti vuoi rapportare nei confronti degli altri, il tono della voce festoso e/o serio indica una emozione, la sguaiataggine dice solo apparenza e non sentimento e così via. Pertanto credo che una certa eleganza e un saper comportarsi secondo i singoli ambienti che frequentiamo aiutino sia le relazioni che il nostro spirito.

Discorso futile? Forse, ma credo che i modi e gli atteggiamenti educati parlino di sensibilità, di spiritualità qualunque fede professiamo.

Credo che eleganza sia rispetto e accoglienza, aiuto e dialogo. Non si tratta di vestire o mangiare come fanno altre culture, che comunque può risultare una bella esperienza di condivisione, ma di essere aperti al diverso in modo libero e senza pregiudizio. La fede e per noi cristiani in modo particolare ci è stato insegnato da Gesù questa eleganza, Egli sapeva stare con tutti pur rimanendo se stesso e presentando il suo messaggio di amore.

Ora in un mondo che segue le mode forse sarebbe il caso di recuperare quei valori che dicono uno stile e una moda vera, autentica e non si tratta di un pantalone rotto o di una camicia variopinta, le mode vanno e vengono possono non piacere, ma non è di questo che si tratta, ma di uno stile che dica, si!, chi sei, ma anche cosa vuoi trasmettere, pertanto i tuoi modi di vita in società devono essere specchio di chi sei e questi modi e stili li impari prima di tutto in casa, nella tua famiglia. Se non sai usare le posate in pubblico è perché a casa non le usi, se non sai mantenere un tono di voce pacato è perché abitualmente urli, se non sai dialogare è perché non ti confronti e così via.

Alla luce di questa semplice e incompleta riflessione l’intento è suggerirvi una riflessione personale per aiutarci tutti insieme ad assumere uno stie di vita degno del nome che abbiamo, uomini e donne che vivono insieme su questa terra, dove libertà non è fare quello che si vuole ma rispettarsi gli uni gli altri, dove amore non è solo riceverlo ma anche donarlo, dove responsabilità non è solo pretendere ma anche dare.

Da queste semplici osservazioni nasce lo stile di vita di ognuno di noi, possano allora spronare, queste umili parole, ad aiutarci a ricercare lo stile di vita veramente evangelico, dove umiltà non è sottomissione, ma dialogo, rispetto, confronto, dove povertà non è miseria, e mancanza dei beni primari tra cui la pace e la serenità, ma lavoro costante per costruirla in noi e attorno a noi, dove carità non è solo donare soldi o materiale, ma donarsi l’uno all’altro in modo disinteressato. Umiltà, povertà, carità sono allora l’essenza della vita cristiane e questa è per tutti qualsiasi posizione sociale, qualsiasi impegno pubblico, lavoro o ambiente che viviamo. Non solo lo stile legante è dell’umano dell’umanità che vuole veramente costruire un mondo migliore. La nostra fede e le fedi di ognuno, religiosi o confessioni debbono aiutarci in questo cammino comune sul pianeta. La prima vera eleganza è la Croce dove Cristo per amore, per servire, per carità e con umiltà ci ha salvati. Sia il riferimento della vera eleganza che tutti ricerchiamo.

@unavoce

 

Foto di Copertina: “Il Crocifisso del Cimabue”