parole e gesti

 

Proseguiamo le nostre riflessioni a lente d’ingrandimento sulla liturgia per comprendere meglio e vivere da protagonisti la nostra preghiera comunitaria e la S. Messa in particolare. Abbiamo già cercato di entrare più nel dettaglio e vi rimando agli articoli nella pagina “rileggendo on-line”, oggi voglio soffermarmi con voi, sui gesti che compiamo e in particolare sull’atteggiamento dell’inginocchiarsi.

Facciamo fatica a compiere questo gesto, molte volte perché non ci sono i supporti necessari, altre volte per il ruolo che abbiamo che ci impedisce di metterci in ginocchio, soprattutto quando abbiamo la divisa, dove l’atteggiamento del rispetto e del raccoglimento è sull’attenti, altre volte per difficoltà fisiche, ma vorrei portare alla nostra attenzione questo atteggiamento di adorazione che non deve sfuggirci dalle pratiche da compiere, un inginocchiarsi che racchiude il senso del rispetto dell’adorazione e dell’affidamento totale a Dio.

A tal riguardo vi riporto un articolo tradotto dallo spagnolo e pubblicato da Aleteia, una testata cattolica spagnola: “La Chiesa consiglia di rimanere in ginocchio durante tutta la consacrazione e di alzarsi dopo la risposta <Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta>. I fedeli <s’inginocchino poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo stato di salute, la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri ragionevoli motivi>, afferma l’Ordinamento Generale del Messale Romano (n. 43). La consacrazione non è solo il momento in cui il sacerdote, imponendo le mani, dice: <Santifica questi doni… perché diventino il corpo e il sangue…>, ma include le parole pronunciate da Gesù nell’ultima cena e ripetute dal presbitero: <Prendete e mangiatene tutti… prendete e bevetene tutti…>.

Quando il sacerdote pronuncia queste parole, il pane e il vino, in senso stretto, si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo. La consacrazione termina con le parole del sacerdote <Mistero della fede>. E il popolo risponde: <Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta>. È in questo momento che i fedeli si possono alzare. Segue l’anamnesi e la Messa procede con il suo corso normale.

In base all’Ordinamento Generale del Messale Romano, <dove vi è la consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall’acclamazione del Santo fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della Comunione, quando il sacerdote dice Ecco l’Agnello di Dio, tale uso può essere lodevolmente conservato> (n. 43).

Chi vuole stare in ginocchio dal termine dell’acclamazione del <Santo> alla fine della preghiera eucaristica, ovvero prima del Padre Nostro, può quindi farlo. Perché conservare o applicare questi gesti e questi atteggiamenti durante la Messa? <I gesti e l’atteggiamento del corpo sia del sacerdote, del diacono e dei ministri, sia del popolo devono tendere a far sì che tutta la celebrazione risplenda per decoro e per nobile semplicità, che si colga il vero e pieno significato delle sue diverse parti e si favorisca la partecipazione di tutti> (n. 42). (cfr. aleteia)

Ora che abbiamo compreso il senso o meglio che abbiamo rinnovato la nostra conoscenza (ti rimando ad un altro articolo che puoi aiutarci), credo che riprendere certi atteggiamenti nella preghiera siano non solo il segno esteriore di una fede interiore che va vissuta anche con gesti che ci permettono di saperci inginocchiare davanti a Dio per stare in piedi davanti al mondo come disse Alcide De Gasperi in una sua riflessione. Fare la genuflessione e inginocchiarsi sono e voglio essere il nostro rispetto, il riconoscere che Dio è il riferimento della nostra vita e riconoscere la Sua Divinità, un gesto semplice che ci fa scendere dai nostri piedistalli per ritornare all’umiltà di sentirci figli amati da Dio. Non solo le parole e le preghiere, ma anche i gesti del copro diventano preghiera.

@unavoce

 

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