Il bene da ricercare: gioia e ottimismo

Domenica prossima celebreremo la 32° Giornata per il dialogo tra Cattolici ed Ebrei, questo, mi porta, con il pensiero, anche ai nostri Militari impegnati sul confine Libanese-Isrealiano e se crediamo che la Fede possa unirci, pur nella diversità, celebrare questa giornata, ci fa pensare a tutti gli attori di questa costruzione di dialogo, a tutti i livelli e su tutti i fronti e da ogni parte. Costruire il cuore di ognuno e di tutti per rispettare, amare e collaborare, rivolgendo lo sguardo nella stessa direzione.

Parto dalla lettura del Sussidio (SCARICALA) che la CEI ha preparato per questa giornata come strumento di approfondimento e sviluppo del dialogo tra Cattolici ed Ebrei, nell’introduzione di Mons. Spreafico, così scrive: “Concludiamo quest’anno la riflessione comune sulle Meghillot fermando la nostra attenzione sul libro di Qohelet. Non ci poteva essere migliore coincidenza di questa che affrontare assieme, ebrei e cattolici, le domande che ci vengono da questo tempo di dolore e di morte con il libro di Qohelet. Infatti, proprio questo libro mette in discussione il senso della vita davanti al comune destino della morte. Scrive William P. Brown nel suo commentario: “Qohelet è un prodotto dello Zeitgeist (ndr: “spirito del tempo”): un’era di malinconia e di interrogativi, una cultura di morte e di disillusione” (Qohelet, Claudiana, Brescia 2012, p. 19). La pandemia ci ha afflitto ponendoci di fronte alla morte e alla fragilità dell’essere umano, che si è trovato a fronteggiare un male inatteso, mostrandosi impreparato e privo dei mezzi necessari per sconfiggerlo alla radice, nonostante i progressi della scienza. Quel sapere, che sembrava renderci padroni assoluti del creato, ha faticato e fatica ancora a opporsi a questo virus. Mentre speriamo che presto vengano trovati un vaccino o una cura adeguata per contrastare il virus, sentiamo la responsabilità personale, nei comportamenti e nei pensieri, di far sì che la pandemia si fermi e che i suoi risvolti negativi sulla vita sociale e economica non si aggravino. Abbiamo capito meglio che non saranno i muri a salvarci, ma il remare insieme – come ha detto papa Francesco – nella stessa barca che affronta questa tempesta”. (Cfr. CEI)

Viene presentato e commentato il libro del Qohelet e proprio a questo libro vorrei portarvi, perché ognuno possa leggerlo. Nella dinamica della conoscenza dei testi Biblici, leggere il Sacro Testo, aiutati da circostanze, momenti e avvenimenti, ci  indirizza alla lettura, pertanto vi propongo, qui, due passi, dei commenti presi dal testo del Sussidio, per rimandarvi alla lettura integrale di essi e soprattutto alla lettura del Libro del Qohelet.

Gli autori sono: Rav Giuseppe Momigliano e don Luca Mazzinghi.

“Il libro di Qohelet fa parte delle cinque Meghillot – i Rotoli – nella terza parte della Bibbia ebraica, i Ketuvim – Agiografi. Secondo l’insegnamento rabbinico, riportato nelle raccolte di midrash del Qohelet Rabbà (1,2), e del Shir ha-Shirim Rabbà, il nome Qohelet si riferisce al re Salomone al quale la tradizione, riportata nelle stesse fonti, attribuisce la composizione di quest’opera, sulla base delle informazioni indicate dal testo stesso, che presenta l’autore come figlio del re Davide e sovra- no in Gerusalemme, e per la corrispondenza tra le caratteristi- che del soggetto narrante, che si distingue per sapienza e ricchezza, e le notizie a proposito della sapienza del Re Salomone e di come l’avesse ricevuta in dono del Signore (1° Re 5, 9-10). Il midrash inoltre interpreta il significato del nome Qohelet, che rimanda alla radice qhl, radunare, come allusione agl’insegnamenti che il re Salomone impartiva convocando una moltitudine di popolo, il commentatore medievale Rashì (Rabbì Shelomo ben Izchaq) lo riferisce invece alla sapienza esplicata dal re che raccoglieva e riuniva molte diverse conoscenze.

Il testo contiene molteplici riflessioni condotte dall’autore sulla base delle proprie esperienze personali; Qohelet, avendo esaminato la natura e i fenomeni che la caratterizzano e dopo aver indagato sui comportamenti dell’uomo, cerca di individuare quale sia il bene da ricercare nella vita, quale possa essere il valore della sapienza”. (Cfr. Sussidio pag.8 o 10)

“Il libro del Qohelet appartiene a quei libri che chiamiamo “sapienziale”, tra i quali vi sono anche i Proverbi e Giobbe, e nel canone della Bibbia greca il Siracide e la Sapienza; si veda come il Qohelet è descritto alla fine del libro: «oltre a essere un saggio, Qohelet insegnò il sapere al popolo…»(Qo 12,9). Da molti questo libro è ancora chiamato “Ecclesiaste”, dal termine con il quale venne tradotto dalle antiche versioni greca e latina l’ebraico qohelet, che indica probabilmente un uomo che parla nell’assemblea (qahal). Da un punto di vista letterario, il libro si presenta privo di una precisa struttura interna, quasi una raccolta di pensieri sparsi, che si affollano intorno a temi ripetuti. Ogni lettore conosce il celebre testo che apre il libro: «vanità delle vanità, dice il Qohelet, vanità delle vanità, tutto è vanità» (1,2). Ma il Qohelet ha davvero detto questo? O sono stati i suoi interpreti i responsabili di aver posto tali parole in bocca al Qohelet? E qual è il vero messaggio di questo libro, il cui significato sembra un enigma che ancora oggi ci sfugge? Il Qohelet è forse un pessimista, uno scettico e persino un ateo, come alcuni lo descrivono? Oppure è un amante della vita, un predicatore della gioia, un ottimista, come al contrario altri lo presentano? O è qualcos’altro ancora? Forse l’autore sarebbe rimasto scioccato e persino divertito a scoprire che il suo libretto è stato canonizzato come parte delle Sacre Scritture!”. (Cfr. Sussidio pag. 43 o 45) 

Ora, un accenno al prezioso lavoro dei nostri Militari Italiani, impiegati sul confine tra il Libano e Israele.

“I compiti sono quelli definiti dalla Risoluzione Onu 1701: il controllo del rispetto degli accordi raggiunti tra Libano e Israele. Insieme alla striscia sulla quale si sta realizzando la Blue Line, l’area custodita dalla base 1-32 Alfa a sud di Al Naquora è quella più delicata, perché è quella all’interno della quale possono accadere (o non accadere) cose in grado di cambiare il presente e il futuro di entrambi i territori. E’ qui, infatti, che i rappresentanti militari libanesi e quelli israeliani si incontrano per prendere accordi o per verificare se l’uno o l’altro hanno rispettato quelli siglati in precedenza. Non da soli, ovviamente. La base è quella dove si svolge il tripartito e la terza “sedia” è quella sulla quale si siede il comandante Unifil. Almeno una volta al mese, intorno allo stesso tavolo, si fa il punto della situazione, punto che non è quasi mai pacifico e condiviso e che, invece, spesso parte che reciproci scambi di accuse su violazioni – vere o presunte che siano – di ciò che era stato messo nero su bianco. L’attività di mediazione del comandante dei caschi blu è fondamentale”. (Cfr. lanazione 

Costruire, servire, aiutare, rispettare culture, tradizioni, religioni da parte di tutti e ognuno con la propria “vocazione”, ci farà fratelli e amici.

@unavoce

 

Foto di Copertina: I caschi blu italiani al confine tra Libano e Israele (foto Giuseppe Cabras/NewPressphoto)