In “Viaggio” con il Papa

“Il “filo rosso” è inteso solitamente col significato di “filo conduttore”. Deve la sua origine all’attività marinaresca: per districare le gomene di una nave si seguiva un filo rosso che rendeva possibile separare l’una dall’altra le corde aggrovigliate”. 

“Vengo come pellegrino, come pellegrino penitente per implorare dal Signore perdono e riconciliazione dopo anni di guerra e di terrorismo, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite e giungo tra voi come pellegrino di pace, a ripetere: ‘Voi siete tutti fratelli’ (Mt 23,8). Sì, vengo come pellegrino di pace in cerca di fraternità, animato dal desiderio di pregare insieme e di camminare insieme, anche con i fratelli e le sorelle di altre tradizioni religiose, nel segno del padre Abramo, che riunisce in un’unica famiglia musulmani, ebrei e cristiani”. (Cfr. AgenSir)

Come pellegrino di Pace, di Speranza, ma anche Penitente, un termine che mi ha colpito, si, perché non è un viaggio di rivendicazione, ma un viaggo per confortare, per pregare, per ridare speranza  insieme con umiltà e per camminare uniti per ripartire, è questo il “filo rosso” del Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Iraq. Una terra antica che unisce, per Abramo, culture e religioni diverse e che è oggi è una terra martoriata da decenni di guerra.

La parola chiave, è quindi, pace, fratellanza e non solo una pace, ma una possibilità di  pace nella convivenza enel rispetto, non è forse questa la pace?

In questo viaggio nella terra dei due fiumi, terra di grandi popoli del passato e del presente, il filo rosso che conduce è questo e in questo, non posso non ricordare, i nostri connazionali Italiani e in modo particolare i militari, che come grandi servitori della nostra Patria partirono (e partono ancora oggi) per aiutare la ricostruzione e la stabilizzazione di una pace che si rivelò difficoltosa sino ad arrivare all’attentato di Nassirya. Sono i nostri martiri che uniti ai loro martiri, di qualsiasi etnia o religione, oggi, con il loro sangue, con il quale hanno irrorato questa antica terra, la visita del Pontefice porta speranza. Il loro sacrificio e di tutti quelli che hanno peros la vita, non è inutile, ma è il fondamento di una nuova pace e  di una nuova fratellanza che diventa e deve sempre più diventare stile di vita, per questo popolo e per tutti i popoli della terra. In questo nostro voler fare memoria, dei nostri caduti, poco servono le parole, il Viaggio del Papa, dirà o non dirà, parole significative, ma credo che la “parola” più evidente sarà l’immagine di questo uomo, affaticato nel passo, ma svelto nella mente, che contro ogni interesse, personale o pubblico, sfida il mondo e il mondo attuale, fatto di mille difficoltà, non ultima l’emergenza sanitaria, che decide di andare in questa terra.

Immagini di serenità, di fiducia, di volontà, di festa, una forza che va al di la delle parole e degli scatti che vediamo, e che parlano, come un canto poetico, di volere a tutti i costi costruire un cuore di pace.

Quale il filo conduttore quindi per tutti. La pace, la volontà di perseguirla, l’impegno della Comunità Internazionale di collaborare e sostenere, dei singoli, della Chiesa, delle Religioni, del Papa, dei Militari, delle Organizzazioni a vario titolo …  costruire la Pace e vivere da fratelli tutti insieme, unico vero significato per tutti, da nord a sud del mondo, dall’est all’ovest è questo: vivere in armonia condividendo, aiutandosi, proteggendosi. Liberiamo i nostri cuori dal male e diamo spazio al bene, al bell0, all’amore … e vedremo un’alba nuova e vivremo una stagione nuova, una terra nuova, quella promessa ad Abramo e all’umanità da parte di Dio.

@unavoce

 

Foto di Copertina: Papa Francesco accolto a Baghdad