Come le stelle nel cielo

«Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21)

 

Uno dei limiti grossi della nostra attuale società e anche e purtroppo nella Chiesa è l’unità, una difficile realtà di cammino, in tanti settori della vita dell’uomo dalla famiglia, al lavoro, alla società civile e anche come accennavo a quella della chiesa, non a caso, penso io, il Papa ha insistito per celebrare questo Sinodo, ci sprona a compiere questo cammino insieme e forse più che imparare strategie nuove di annuncio credo che l’intento è farci imparare a camminare insieme, in unità con gli stessi intenti, se pur con modi e stili differenti. Unico obiettivo amare e nell’amore c’è accoglienza, rispetto, pace, servizio …. capite, allora, quanto sia importante.

Proprio di questi giorni una udienza del Papa con i partecipanti al pellegrinaggio ecumenico “Con Lutero dal Papa” proveniente dalla Germania. “All’inizio mi avete salutato con un canto comunitario. Cantare unisce. Nel coro, nessuno sta da solo: è importante ascoltare gli altri. Auspico questa disponibilità all’ascolto per la Chiesa. La stiamo imparando di nuovo nel processo sinodale”. (cfr. Vaticannews)

Un coro un canto, insieme… mi torna alla mente alcune pagine di don Tonino Bello, che ho letto in un libro “Servi inutili a tempo pieno”.

“La presenza di tantissime religioni davanti a me, così differenti per abiti, per carismi, per origini, per intelaiatura ascetica, eppure così eguali per amore, per fuoco interiore, per brivido di passione in vista del Regno, mi fa pensare alle stelle del cielo che, senza confondersi tra loro, creano nel firmamento una rete di punti luminosi che lo allagano di chiarità”. (cfr. Servi inutili a tempo pieno p. 155)

Così si esprimeva l’abate Couturier, un grande apostolo dell’ecumenismo. Lui sosteneva che l’unità della Chiesa non va intesa come ritorno degli altri, ma come cammino convergente di tutti.  “L’unione che si realizzasse con un semplice ritorno sarebbe dissolutrice delle diverse ricchezze culturali, chiamate invece a formare una vasta armonia di complementarietà, sintonizzandosi tra loro. Ebbene l’abate Couturier, adopera una espressione bellissima, quella del monastero virtuale, formato da tutte quelle anime appartenenti alle diverse confessioni cristiane nelle quali lo Spirito Santo stimola una tenace passione per l’unità. La realtà di questo monastero invisibile rimane nascosta con Cristo in Dio. La sua clausura è l’inabitazione nel Cristo orante per l’unità dei suoi. La regola è l’emulazione spirituale al di là di ogni barriera”. (cfr. Servi inutili a tempo pieno p. 156)

L’immagine del monastero invisibile, mutuandola da questa riflessione, vorrei usarla per invitare ognuno di noi a riflettere su tutte le religioni a cui veniamo in contato, e mai come in questa stagione della storia viviamo con le varie migrazioni e in un mondo di spostamenti di popoli. Penso, in particolare, per la nostra realtà, ai nostri militari in missione, che servono popoli di altre culture e religioni. Questo è lo stile con cui servirli e essergli vicini, le diversità non allontano, ma arricchiscono, a nessuno è chiesto di perdere il proprio specifico, ma condividerlo perché questa è la strada per camminare verso l’unità. 

Karl Barth, teologo e pastore riformato svizzero, sosteneva che il cristiano di oggi deve avere in una mano il Vangelo e nell’altra il giornale”, per quanto oggi la stampa, ma forse sempre è stata così, espressione di ideologie e correnti, non possiamo non leggere cosa dice il mondo, come commenta i fatti, come comunica gli avvenimenti, perché in questo mondo noi dobbiamo testimoniare e vivere il Vangelo di Cristo, quindi usando un’espressione sempre del Vescovo pugliese, “Perché al Vangelo non manchi il mondo, perché se non si provoca quotidianamente quella fotosintesi tra gli avvenimenti della cronaca, bianca o nera che sia e la luce del vangelo, corriamo il rischio di vivere un Vangelo disincarnato.” (cfr. o.c. p.151)

“Viviamo questo Sinodo nello spirito della preghiera che Gesù ha rivolto accoratamente al Padre per i suoi: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). A questo siamo chiamati: all’unità, alla comunione, alla fraternità che nasce dal sentirci abbracciati dall’unico amore di Dio. Tutti, senza distinzioni, e noi Pastori in particolare, come scriveva San Cipriano: «Dobbiamo mantenere e rivendicare con fermezza quest’unità, soprattutto noi Vescovi che presidiamo nella Chiesa, per dar prova che anche lo stesso episcopato è uno solo e indiviso» (De Ecclesiae Catholicae Unitate, 5). Nell’unico Popolo di Dio, perciò, camminiamo insieme, per fare l’esperienza di una Chiesa che riceve e vive il dono dell’unità e si apre alla voce dello Spirito”. (cfr. Discorso Del Santo Padre Francesco per l’inizio del percorso sinodale, 9 Ottobre 2021)

Viviamo allora questo tempo per rivedere le nostre posizioni ideologiche, le nostre azioni e il nostro impegno concreto nella vita di tutti i giorni, rivediamo gli atteggiamenti che non ci uniscono ma ci dividono e riportiamoli all’origine della loro verità, impariamo ad essere strumenti di unione, di armonia, di pace, di rispetto attraverso l’eleganza del linguaggio, l’apertura di mentale, la disponibilità di servizio.

@unavoce

 

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