Essere se stessi

 

“Non c’è ecclesialità se mancano l’ascolto della Parola, la comunione fraterna, l’Eucaristia e la preghiera: “E’ Dio che fa la Chiesa, non il clamore delle opere … Tutto ciò che nella Chiesa cresce fuori da queste “coordinate”, è privo di fondamenta. Per discernere una situazione dobbiamo chiederci queste quattro coordinate, come in questa situazione ci sono queste quattro coordinate: la predicazione, la ricerca costante della comunione fraterna, la carità, la frazione del pane – cioè la vita eucaristica – e la preghiera. Qualsiasi situazione dev’essere valutata alla luce di queste quattro coordinate. Quello che non entra in queste coordinate è privo di ecclesialità, non è ecclesiale. E’ come una casa costruita sulla sabbia. È Dio che fa la Chiesa, non il clamore delle opere. (…) La Chiesa non è un mercato; la Chiesa non è un gruppo di imprenditori che vanno avanti con questa impresa nuova. La Chiesa è opera dello Spirito Santo che Gesù ci ha inviato per radunarci”. (cfr. Papa Francesco)

«La Chiesa più che preoccuparsi di ciò che deve fare per venire incontro al mondo deve preoccuparsi di essere sé stessa. Ecco: non si tratta di essere più credibili. Dobbiamo diventare più credenti. Se saremo più credenti saremo anche più credibili, nel senso più vero. Altrimenti rischiamo di fare della Chiesa un’istituzione che deve stare attenta a tutti gli “input” che vengono da tutte le parti. Così la Chiesa non diventa strumento di salvezza: si aggrega solo al disorientamento generale». (cfr. Giacomo Biffi “Se Cristo è risorto ed è vivo cambia tutto”, ed. Itaca 2021)

Essere se stessi, difficile concetto ed esperienza di vita. Il mondo ci assorbe, i problemi di esso ci creano dubbi, difficoltà odierne di convivenza rischiano di mettere in discussione tutto.

La Chiesa che, come dice il Concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica “Lumen Gentium” è “il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano … intende con maggiore chiarezza illustrare ai suoi fedeli e al mondo intero la propria natura e la propria missione universale. Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente congiunti dai vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire la piena unità in Cristo”. (cfr. LG n. 1)

Eppure i Padri conciliari avevano le idee chiare, poi la difficoltà è nel tradurre questo concetto in vita di tutti i giorni, trasformare questo valore nella quotidianità dove siamo chiamati a confrontarci con la quotidianità e le sue povertà, il rischio è diventare solo come dice il Papa, degli “Ospedali da Capo”. Non possiamo e non vogliamo sottrarci al compito di essere per le strade del mondo con l’occhio attento di Gesù che guarisce, assiste, avvicina, dialoga … e nello stesso tempo la difficoltà di salvaguardare i valori cristiani che così tanto oggi vengono messi in discussione, perché? Perché il mondo cambia, le situazioni di vita mutano e quindi il mondo non ci sta alla legge di Dio ritenuta fuori tempo o non al passo con i tempi e il rischio per noi, operatori pastorali ai confini, di diventare degli operatori svuotati dall’anima della fede diventando solo esecutori di cose e non annunciatori di un messaggio.

Credo che sia questo che il Papa oggi con forza ricorda alla Chiesa, ai preti e laici a tuti i cristiani di essere autentici e se stessi non svilendo il messaggio e nello stesso tempo rimboccandosi le mai per arrivare ad ogni persona, superando legalismi per amare con il cuore. In tutto questo per noi uomini di chiesa della periferia c’è il rischio di fare solo gli infermieri dimenticando o delegando ad altri i contenuti.

Il Messaggio che è un messaggio d’amore, quindi non ci si può sottrarre dall’operare carità, fratellanza, apertura, dialogo … perché questo significa amare, ma credo che amare sia anche chiarezza, obiettivi comuni, cammino da percorrere insieme, regole da rispettare… capite che le due cose non si annullano ma devono necessariamente essere nel nostro cuore per viverle e testimoniarle.

Le parole profetiche del card. Biffi, come di altri uomini dallo sguardo alto e la presenza autorevole del Papa che guida oggi la Chiesa messe insieme ci offrono la via per costruire il Regno di Dio. Realtà che va confrontata nelle nostre singole comunità e non delegando ad altri l’impegno personale. Il Papa ci dà le linee guida, l’esempio e le iniziative, i vescovi orientano i cammini delle singole comunità e i preti, nonostante limiti e difetti, sono la mano tesa, sono il compagno di viaggio che ci ricorda che l’esperienza di Emmaus può accadere anche oggi e riconoscere Cristo nella nostra vita è il compito da svolgere tutti.

Essere se stessi allora è non perdere di vista l’obiettivo, non svenderlo, essere in dialogo non per discutere sui valori cristiani, ma su come vivere autenticamente. Le diversità arricchiscono e non il contrario, il rischio altrimenti è l’appiattimento. Tradizioni e ritualità, concetti di un tempo con il linguaggio di questo tempo. Gesti di sempre con le possibilità moderne di oggi senza una corsa ad essere il migliore, ma ad essere presente ed efficace magari anche in seconda fila perché il rischio altrimenti è che il respiro del mondo si ammali, la Chiesa invece è colei che ci ricorda come una brava mamma come vivere bene, sani e sereni impegnandosi ogni giorno.

Essere più credenti e diventeremo più credibili. “Dio dona amore e chiede amore. È questa la radice mistica di tutta la vita credente. I primi cristiani in preghiera, ma anche noi che veniamo parecchi secoli dopo, viviamo tutti la medesima esperienza. Lo Spirito anima ogni cosa”. (cfr. Papa Francesco)

Comincio sempre la mia preghiera in silenzio, perché è nel silenzio del cuore che Dio parla. Dio è amico del silenzio: dobbiamo ascoltare Dio perché ciò che conta non è quello che diciamo noi, ma quello che Egli dice a noi e attraverso di noi. La preghiera alimenta l’anima: essa sta all’anima come il sangue sta al corpo, e porta più vicini a Dio. Dona inoltre un cuore limpido e puro. Un cuore limpido può vedere Dio, può parlare a Dio e può vedere l’amore di Dio negli altri. Quando hai un cuore limpido, vuoi dire che sei aperto e onesto con Dio, che non Gli stai nascondendo nulla, e ciò consente a Lui di prendere da te quello che vuole Se stai cercando Dio e non sai da che parte cominciare, impara a pregare e assumiti l’impegno di pregare ogni giorno. Puoi pregare in qualsiasi momento, ovunque. Non è necessario trovarsi in cappella o in chiesa. Puoi pregare al lavoro: il lavoro non deve necessariamente fermare la preghiera, né la preghiera deve fermare il lavoro. Puoi anche consultare un sacerdote per essere guidato, o cercare di parlare direttamente con Dio. Basta che tu parli. Digli tutto, parlagli. È nostro padre, è padre di tutti noi, qualunque sia la nostra religione. Siamo stati tutti creati da Dio, siamo i suoi figli. Dobbiamo sperare in Lui, lavorare per Lui. Se preghiamo, otterremo tutte le risposte di cui abbiamo bisogno”. (cfr. S. Teresa di Calcutta)

Papa Francesco aveva chiuso la catechesi che vi ho citato sopra, richiamando a non dimenticarci di pregare e così ho voluto chiudere questa riflessione che ha lo scopo di alzare lo sguardo per vivere come figli della luce, con le parole di una grande santa del nostro tempo, Santa Teresa di Calcutta. Costruiremo la casa sulla roccia e rimarremo noi stessi, figli amati di Dio se c’incammineremo su questa strada.

@unavoce

Foto di Copertina: Militari italiani in addestramento.

Uno scatto scelto perché ci aiuta a comprendere che per costruire la casa sulla roccia dobbiamo addestraci tutti ognuno secondo la sua vocazione.