L’Inquietudine

 

“Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Sant’Agostino)

Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace. Io son come loro in perpetuo volo. La vita la sfioro com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo. E come forse anch’essi amo la quiete, la gran quiete marina, ma il mio destino è vivere balenando in burrasca” (Vincenzo Cardarelli)

 

“L’inquietudine è lo stato d’animo di chi aspira al raggiungimento di qualche bene, avanza coraggiosamente, ma se ne torna con le mani in mano. La malinconia è il sentimento di chi soffre per un tormento interiore, dovuto anch’esso ad aspirazioni insoddisfatte. Manca lo slancio, il dinamismo, un ideale. Le cause sono molte, esaminiamone qualcuna nella speranza di colpire nel segno”. (cfr.scuolissima)

La nostra realtà di Chiesa tra i militari è caratterizzata da comunità di giovani fedeli e non che scegliendo la vita militare arrivano nelle nostre Basi con tutta la loro storia giovanile, il loro entusiasmo, ma anche con tutte le loro problematiche e per di più lontani dalla famiglia e dagli affetti.

Giovani sani, animati da principi e valori che vanno al di là del semplice fare un lavoro, anche se ovviamente è una delle tante situazioni di arrivo, ma ora quello che voglio sottolineare è che sono giovani Italiani provenienti da tutte le rigoni del paese che iniziano un cammino, come dicevo, lontani dalle famiglie e dagli affetti per la prima volta e in una società che pone la fede e la religione ai margini, la politica poco coinvolgente, la cultura pesante … quindi con difficoltà, per chi deve educare, maggiori. La grande percentuale di personale che fanno le Forze Armate, vanno dal 18 ai 40 anni e la fascia più giovane 18-30 che sono presenti sono, a livello di fede nella percentuale nazionale, pochi per non parlare di numeri e non solo per la religione cattolica, ma qualsiasi religione o confessione, ma acne su altri aspetti come accennavo poc’anzi. Il Sacro non interessa ne si vuole approfondire. Troppe regole, troppa morala e troppo poco esempio da parte dei consacrati e delle singole comunità.

Una lontananza che è fisica più che spirituale, perché quando hai l’opportunità di fermarti a parlare, in un contesto di domanda e risposta, allora le cose cambiano, e questo è il momento in quale tu puoi agire.

Ora questo un po lo spirito di come avvicinare e poter rispondere ai loro questi, anche se non sei cercato.

Credo, quindi, che il primo passo è svestirsi un pochino delle nostre certezze e diventare una possibilità di dialogo, ma anche questo passaggio soprattutto per divario di età, può tornare difficile, allora cosa fare?

Fare l’educatore assistendo le loro esigenze quotidiane, dalla lavanderia, ai biglietti del treno per tornare a casa in licenza, diventando punto di riferimento della vita in caserma e di aiuto per la vita privata, dalle difficoltà con il rapporto con al propria ragazza o con la famigli lontana, all’organizzare, assecondare le loro esigenze, dalle più banali a quelle più complicate, dal sistemarsi nel vivere fuori casa e in un’altra città, a costruirsi un futuro sereno.

Amico si!, questo il compito diventare amico, ma anche questo non è lavoro facile, l’attività rimane critica. Una età nella quale il giovane ha una inquietudine di base che talvolta lo distoglie seriamente dalla sua vita sia lavorativa che privata rischiando momenti di depressione e solitudine.

Allora, questo il significato della nostra presenza, attenta e costante, nella vita e in tutti gli aspetti della vita di questi giovani. La parte celebrativa ed istituzionale ne sarà la conseguenza e per far questo non basta esserci ogni tanto, ma bisogna condividere e vivere insieme momenti belli e difficili, impegni e attese insieme, solo così facendo la loro vita, ricordano ovviamente chi siamo e dove vogliamo andare, potremo servire meglio e con successo ogni persona.

Inquietudine per amore, per il lavoro, per la lontananza … uno stato d’animo che non porta alla serenità ne alla felicità e questo è uno dei mali moderni che colpisce soprattutto i giovani, ma non esclusivamente.

Aiutarli nel viere la vita per avvicinarli a parlare della vita e confrontandosi senza dare giudizi o sparare sentenze ma facendosi coinvolgere nel quotidiano per aiutarli a viverlo in modo straordinario e costruttivo, ogni giorno.

Un’assistenza che diventa spirituale, dopo le necessità materiali. Alla fine non verranno ancora alla Messa e non frequenteranno ancora la vita della Chiesa, ma è la strada per far conoscere il messaggio di Gesù in modo semplice e facendogli superare i loro preconcetti o dubbi, attraverso il rispetto delle loro idee e non abbandonandoli, ma continuamente costruendo l’amicizia che gli offrirà, pian piano, la certezza che una mano tesa c’è e ci sarà sempre.

Queste le fondamenta per una nuova evangelizzazione, questo lo stile assunto, qui, per condurre la vita, vivere il servizio, costruire il futuro.

In questo, l’esempio e la testimonianza, debbono essere – da parte nostra – serie ma sempre giovali, facendo respirare una normalità della vita del sacerdote, anch’esso peccatore e limitato, ma con un valore nel cuore: l’amore di Dio da dare a chi incontriamo affinché tutti possano sentirsi amati e amare, il resto sarà il Signore a farlo, noi il compito solo di seminare.

L’inquietudine, pertanto, che caratterizza l’ età e le scelte, con una seria vicinanza e attenzione può essere vissuta in modo costruttivo e non visto come un momento solo di dolore e  afflizione che conduce allo stress e alla depressione. Il giovane che corre, ride e si diverte, talvolta nonostante l’apparenza, indossa un maschera che nasconde un problema, a te il compito di stargli accanto e scorgere i segni che loro stessi ti lanciano, perché cercano una mano per uscirne e uscirne maturati.

La preghiera e l’esperienza religiosa, diventerà allora la conclusione e non l’inizio. Qualcuno obietta o potrebbe obbiettare che è un lavoro per altri, ma è così veramente? Educare, stare accanto, condurre non era la vita di Gesù tra di noi? Proprio, Lui, il Signore Gesù prima guariva e poi parlava.

La citazione Agostiniana presa dall’Incipit delle Confessioni, ci porta a conoscere, questo Padre della Chiesa, che vale la pena leggere, per scorgere la strada e il cammino di ognuno di noi.

Prendi, pertanto le Confessioni di Sant’Agostino e incamminati leggendo la sua vita e nella tua scorgerai una grande ricchezza che hai dentro e che ti era sfuggita, per mille motivi e che dovrai ora solo saper rimettere in piedi, ricominciare, riprendere in mano la vita sapendo però di non essere solo. L’esperienza che stai vivendo, sia dell’età che del lavoro, diventerà un’avventura meravigliosa e la tua vita, la tua vocazione, le tue scelte saranno il tuo presente e il tuo futuro.

Alla fine questo stato d’animo che può essere occasione di dolore, sapendolo, affrontandolo e aiutandosi a gestirlo, può diventare occasione di vero rinnovamento e crescita umana e spirituale.

@unavoce

 

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