Correzione Fraterna

 

«Mai si deve ridurre l’altro al suo errore», perché sbagliare «è un episodio, un segmento della vita, non la condizione unica e definitiva». Al contrario, «occorre aiutare ogni persona, con amore, ad andare oltre il proprio errore». (Papa Francesco)

 

Tema non semplice quello della correzione fraterna e soprattutto non riservato al personale addetto ai lavori, non e attività delle comunità religiose dei consacrati, ma dovrebbe essere lo stile di ogni comunità di ogni gruppo di ogni relazione.

Di conseguenza al lungo ciclo di articoli dedicati allo “Spazio Giovani” ora è il momento di iniziare il cammino e si parte da questo attività: la correzione fraterna, con lo stile che ci suggerisce il Papa.

Correggere non per giudicare, non per essere migliore, ma al fianco camminando insieme sostenendosi, volendo il bene dell’altra persona.

La correzione fraterna è un’attività dolorosa e se non lo fosse non viene da Dio, ma dalla nostra superbia e allora non conta nulla. Chi ama il fratello lo corregge con amore, si!, con severità, ma con amore e non gode della sua situazione ma compartecipa al suo dolore e si affianca per rialzarlo, sostenerlo offrigli una nuoce che non vede una direzione che fatica a prendere.

Ognuno di noi è chiamato ad essere il compagno di viaggio, la voce che ci sveglia dai nostri torpori e non c’è età non è solo l’adulto verso il giovane, ma ogni persona verso l’atra, potrà essere vero fratello per crescere insieme. 

“L’importanza della «correzione fraterna» come «gesto d’amore per il fratello». Ciò non vuol dire «sentirsi superiori o migliori, ma soccorrere e aiutare l’altro a superare le sue difficoltà, mettere la spalla sotto il suo problema perché lui in quel momento è debole, fragile e se non c’è la tua spalla, crolla». Del resto, «correggere significa “reggere con”: non rinfacciare agli altri i peccati, ma, facendosi prossimo, aiutarli a superarli, camminando insieme, per la guarigione o per il suo inizio». Infatti «l’altro guarirà perché ha sentito il tuo amore e gli è venuta nostalgia di amare». Di più: «se si lascia l’altro nel suo errore, senza correggerlo, si diventa corresponsabili, se non lo si aiuta questo equivale a un’omissione di soccorso»; come quella di chi assiste agli incidenti stradali e passa oltre senza fermarsi. Talvolta «si ha quasi paura d’essere contaminati» dall’empio. Invece «devo interessarmene, farmi carico di lui, fare quanto è possibile per salvarlo». Come? «Anzitutto devo dargli ciò di cui necessita. Immediatamente. Amarlo con sincerità e poi soffrire per i peccati che compie». E poi «pregare per lui», perché «la preghiera mi fa essere la mano di Dio su di lui, il segno della sua premura paterna attraverso la mia presenza. Lo Spirito Santo farà il resto». Insomma, «si deve fare un primo passo», mentre «è indegno quando una persona guarda l’altro dall’alto in basso con un atteggiamento di superiorità».”.  (Cfr. VaticaNews)

«si può», anzi «si deve cambiare, non rimanendo seppelliti dal male compiuto; si può sempre passare all’altra riva anche se la navigazione è faticosa e piena di pericoli. L’importante è non sentirsi soli ma accompagnati. Proprio come disse Gesù» davanti «al mare quando invitò i discepoli dicendo: “Passiamo all’altra riva”. Lui con loro. Non soli!». (Cfr. VaticaNews

Ora ad ognuno di noi senza distinzione di età o ruolo viviamo questo aspetto là dove viviamo, dove operiamo con chi viviamo e che il Signore ci aiuti in questo servizio fraterno, tanto bello e tanto doloroso, di aiutare i fratelli e le sorelle a essere migliori e ci aiuti a farlo sempre con carità, in verità e con umiltà.

@unavoce

 

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