Per non perdere i valori

 

Le buone maniere possono cambiare la vita. Nel privato e sul lavoro. Ma anche tra gli stati Non è solo una questione di etichetta e di galateo, ma innanzitutto di come stare al mondo. Siamo diventato più maleducati e rancorosi. E ne paghiamo il conto in termini di relazioni (cfr. nonsprecare)

Non c’è bisogno di nascere con un titolo nobiliare per capire l’importanza di sapersi comportare in qualunque situazione (cfr. permesola)

 

Parlare di galateo, di “bon ton”, di buona educazione nell’attuale mondo moderno con gli odierni problemi che ha, sembrerebbe fuori luogo e non importante, ma mi domando: se perdiamo o accantoniamo anche le buone maniere, la ricchezza delle tradizioni, cosa rimane? C’è il rischio di perdere anche i valori e non rinnovarli, ma eliminarli del tutto perché si ritengono non importanti. L’attuale società rivolta alla velocità e al tutto e subito, al guadagno più che al bene, agli interessi personali, più che alla collettività, rischia di farci perdere anche lo sguardo creativo, bello ed elegante che ha fatto della nostra terra e di tutti i popoli la vera ricchezza. Oggi la tecnologia sembra soppiantare tutto e tutto deve essere comodo ed efficiente e ciò che esce da questi schemi ritenuto inutile o superfluo.

“Le buone maniere possono fare la differenza, guai a sprecarle. Nella vita privata, quando ci consentono di avere buone relazioni con il nostro prossimo, a qualsiasi livello, e di reggere una relazione che non ha futuro senza il rispetto con il relativo galateo… Già a partire dal Cinquecento grazie alle buone maniere fu possibile avere la pace tra città che stavano diventando sempre più grandi e minacciose, e ancora oggi l’etichetta fa parte della chimica che porta ad avere, o meno, buone relazioni diplomatiche tra gli stati e tra i loro leaders”. (cfr. nonsprecare)

Ora, alla luce di queste premesse, credo che se perdiamo la bellezza di queste tradizioni, di questi linguaggi di comunicazione e di rapporto, perdiamo anche il valore che esse racchiudono, pertanto un quadro, una musica, un film, un alimento genuino, un abito, diventano secondari e rinunciando alla qualità per la quantità e la comodità, almeno apparente, se li mandiamo al macero sia il linguaggio verbale che non, si rischia di impoverire lo spirto, l’anima, il cuore, i sentimenti, in definitiva la vita. Tutto sembra non essere importante, accorgendoci poi che i nostri attuali problemi sono proprio legati alla mancanza di capacità di gestire sentimenti e regole, di sottostare a convenzioni e compromessi per un bene comune e superiore. Non che in passato non ci fossero state difficoltà o limiti, non è questo che voglio dire, ma che si rischia maggiormente, se non riusciamo a coltivare anche questi elementi che ci distinguono dall’istintività o da altre forme di vita, umana, animale o qualunque essa sia, dimenticando alla fine la ragione e la possibilità di pensare e compiere gesti che invece abbiano senso e significato e che ci facciano crescere ed essere felici.

Credo sia importante recuperare questa appartenenza alle tradizioni delle nostre culture, terre, gruppi, religioni, non per essere dei retrogradi, ma per non perdere la ricchezza di quello che ci hanno dato e pur rivedendo le forme non perdere la sostanza che sottostà ad una regola, ad una tradizione, ad un gesto. Recuperiamo le regole basilari della buona educazione, del bel comportamento, dell’eleganza, di come ci si veste secondo le varie opportunità e occasioni, del linguaggio, della sensibilità tra di noi e con il mondo. Per ogni situazione di vita ci sono linguaggi e modalità che ci distinguono dagli animali o da altre forme di vita, senza togliere nulla agli animali, l’eleganza dei loro modi che talvolta sono migliori dei nostri, se non altro nella fedeltà nel compierli e nell’esserci accanto, ci dovrebbero distinguere o almeno insegnare a vivere meglio.

Senza entrare in un discorso religioso o di rispetto del creato e delle creature e sulla dignità della persona in quanto tale, nella sua regalità come figlio di Dio e comunque persona credente che sa avere uno sguardo oltre il visibile e il dimostrabile, le buone maniere ci servono per creare rapporti, per vivere insieme, per rispettarci.

Alla base della pace, della serenità, della vita felice che tutti vogliamo, ci sta l’impegno personale e il rispetto delle regole e delle convenzioni non per massificare la creatività e le varie sensibilità, ma per rispettare e rispettarci tutti insieme. Così come il linguaggio è uno strumento convenzionale e dicendo tavolo intendiamo quella cosa e questo ci permette di comprenderci e capirci, così vale per ogni aspetto della vita. Possiamo non condividere, avere una sensibilità più essenziale, più semplice, meno formale, ma questo non toglie alcun elemento di condivisione comune che sono, invece, indispensabili, come il salutarsi, lo stare composti, il saper comportarsi nei vari ambienti di vita privata o di lavoro, nel divertirsi e nel vivere ogni giorno le nostre singole vite.

Vorrei invitarvi a leggere “il Galateo” un teso che risale al 1500 circa che però ci indica un modo di vivere e di comportarci tra di noi che alla base ha il rispetto. Elementi superati?, alcuni sicuramente, ma altri come stare a tavola, un’attività semplice, normale e quotidiana vissuta con buona educazione sia in privato che in società, puo fare la differenza.

Ora, tutto questo discorso come dicevo all’inizio, non per dimenticare i problemi più grandi, ma per non limitare il nostro sguardo, creandoci angosce e pesantezze inutili nella nostra vita, cercando, invece, nelle cose del mondo la bellezza di viverlo e di impegnarci a renderlo sempre migliore. Partiamo, pertanto, dalla buona educazione tra di noi, dal rispetto delle regole comuni per vivere una vita capace di accoglienza, di carità e di fede. Non dimentichiamo la nostra natura umana e spirituale del vivere e impariamo a stupirci e stupire noi e chi ci sta accanto, ad accorgerci di chi vive attorno a noi e fare di ogni gesto un gesto unico, bello, semplice ma elegante che segni il rispetto e l’importanza di ciò che facciamo, dalle cose più semplici a quelle più impegnate. Essere puntuali a un appuntamento è segno di rispetto e non solo mania di precisione, stare a tavola in modo educato altrettanto, usare parole e toni di voce adatti al posto, al luogo, alla situazione indicano attenzione, coinvolgimento a un momento particolare, all’occasione che stiamo vivendo e dicono quanto teniamo a quella o quell’altra situazione. Se questo vale per le cose dell’uomo, tanto più per le parole, le idee e le opinioni che dobbiamo esprimere e condividere anche in un confronto acceso, ma con educazione e intelligenza, una intelligenza che non è quella solo della scuola, ma della vita, quell’educazione e rispetto imparati al focolare delle nostre case, delle nostre famiglie. Impariamo a vivere ogni giorno come un giorno unico, irripetibile e alla sera chiediamoci cosa abbiamo fatto, come ci siamo comportati, cosa abbiamo costruito o che male possiamo aver fatto anche solo con una mancanza, una parola detta o non detta, uno sguardo non dato.

Non siamo più nella società di titoli nobiliari, di re o regine, ma saper valorizzare chi sta di fronte a noi è un gesto grande di intelligenza e di umanità, di carità e di vera vita, mai sottovalutare il potere della prima impressione, ci aiuterà a salvare il mondo da se stesso, e a ritrovare pace e felicità per tutti.

Ora, come lettura estiva, cerca un testo di “bon ton” di galateo, di buone maniere e leggilo, scoprirai cose interessanti e un modo nuovo di vivere le tue giornate. Da questo galateo del vivere quotidiano scaturirà il galateo spirituale della tua vita personale che educherà il tuo cuore a vivere con questi sentimenti in modo pieno. Ti lascio una pagina dal Vangelo di Marco dove ti ricorda che regole e tradizioni unite al cuore e alla verità dei gesti che compiamo, danno senso alla nostra vita e alla nostra fede. La Buona Notizia è il “Bon ton” della nostra vita che unita alle tradizioni dell’uomo creano la sinergia del vivere su questa terra come l’ha pensata Dio per l’umanità: rispetto e carità, collaborazione e creatività, amore e fraternità, eleganza e semplicità. Un galateo umano e spirituale per ogni ambito di vita che fa dell’uomo uno strumento nelle mani di Dio.

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». […] Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». […] E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,1-8.14-15.21-23).

@unavoce

 

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