San Giuseppe, Euducatore di Gesù

 

Un Nuovo quadro ad abbellire ed impreziosire la nostra Chiesa Parrocchia dei Militari “Madonna di Loreto”, opera del 1°Lgt Leandro Ciccarelli dell’Aeronautica Militare. Olio su tela adattamento dell’opera originale di P. Gianfranco Verri, della Famiglia del Murialdo. Adattamento con colori vivaci che raffigurano un San Giuseppe giovane che insegna il lavoro di falegname al Figlio Gesù. Un’opera che ha lo scopo di sensibilizzare alla devozione di San Giuseppe come modello di Padre che educa il figlio nei lavori della vita.

Qui un commento spirituale a questa figura di Educatore di Gesù che mutuo dal Mensile dei Giuseppini del Murialdo (cfr.N.2 Marzo 2021), che voglio proporvi come lettura spirituale per vivere il ruolo di genitori in modo pieno responsabile e nella fede. L’opera pittorica voluta e realizzata con grande solerzia e competenza dall’artista ci aiuta in questa riflessione e rimane come icona per la preghiera nel raccoglimento della nostra chiesa. 

“Non è egli Gesù, il figlio di Giuseppe, di cui conosciamo il padre e la madre” (Gv 6,42). Lo scontro tra Gesù e suoi nemici era arrivato al culmine. Le parole dette da Gesù li aveva sconvolti. Come poteva dire che egli era il pane di vita eterna? Era del tutto ovvio che uno invitasse gli altri a mangiare e bere della sua carne e del suo sangue? Non si erano mai sentite parole simili.  Il capitolo sei di Giovanni riferisce di questo scontro aspro ed amaro, che porterà molti dei discepoli a lasciare il maestro. Quando è troppo, è troppo. Il confronto tra le affermazioni attuali di Gesù e ciò che essi già sapevano di Lui, diventa un elogio per san Giuseppe. I suoi contemporanei lo cono- scono così: il figlio del carpentiere, niente di stravagante e di eccezionale in Lui, proprio uno di loro. Quando un genitore sente dire che il proprio figlio è riconosciuto come “suo”, egli si sente orgoglioso. Vuol dire che nel figlio c’è tanto del padre e della madre, tanto da essere riconosciuto come il proprio figlio. Così è di Gesù nei confronti di Giuseppe: è il suo figlio, a Lui ha trasmesso un’identità culturale, religiosa, come ogni padre ha il compito di fare.  Non sappiamo dai vangeli come Giuseppe ha educato Gesù, da questa affermazione possiamo dedurre che è stato educatore vero e profondo, che ha lasciato una impronta in questo figlio a lui affidato, e che tutto sia avvenuto nella normalità dei giorni e degli anni vissuti insieme a Nazaret.  “I suoi genitori ogni anno andavano a Gerusalemme per la festa di Pasqua” (Lc 2, 41). L’educazione dei più piccoli inizia dall’esempio degli adulti. È bella questa immagine di Maria e di Giuseppe  che sono fedeli osservanti della Legge e che, essendo nella possibili- tà, ogni anno celebrano la Pasqua in Gerusalemme. Gesù li avrà visti partire e tornare, avrà sentito i loro racconti e, forse, la promessa che un giorno lo avrebbero portato con sé a Gerusalemme.  Quando a dodici anni Gesù sale con loro a Gerusalemme, i genitori fanno per lui ciò che sempre hanno fatto per se stessi; il credere, il celebrare la fede è per tutti, giovani ed adulti, figli e genitori. Quel giorno Gesù viene ufficialmente inserito nel popolo di Israele, nella sua sto- ria civile-sociale-religiosa-culturale.  Diventa un israelita adulto. L’educa- zione ha sempre questo compito: inserire in un popolo, in una comunità, le nuove generazioni, perché ne assumano la storia e la portino avanti. Giuseppe e Maria quel giorno sanno che la loro educazione ha raggiunto il punto vertice, la sintesi di ogni apprendimento, il fine, ma non la fine, del loro essere educatori. “Non sapevate che io debbo stare nella casa del Padre mio?” (Lc 2, 49) Ogni genitore ha dei sogni sul proprio figlio, ha nel suo cuore un desiderio di bellezza, di grandezza, di riuscita nella vita… magari anche che faccia quello che ha fatto lui o che almeno faccia secondo i suoi consigli. Quanti genitori avranno detto ai loro figli: “Noi ti conosciamo bene e tu potresti da grande fare…essere”. Sono parole piene di affetto, tuttavia Gesù… non sarebbe d’accordo. Nella sua affermazione, infatti, Gesù esprime la sua vocazione, legata alla missione per cui si è incarnato: fare la Volontà del Padre per la salvezza degli uomini. L’educazione di Giuseppe e di Maria nei suoi riguardi è bella, dignitosa, completa, ma non ha il compito di “dargli una vocazione”, di “assegnargli una missione”, ma di prepararlo perché la compia e la faccia sua. L’educazione dei genitori ha questo compito: aiutare il figlio a scoprire la propria strada nella vita e aiutarlo a compierla fino in fondo.  “Scese con loro a Nazaret e stava loro sottomesso” (Lc 2, 51). Un bel contrasto con la scena pre- cedente! Eppure essa nasconde un grande insegnamento: anche Gesù ha avuto bisogno dei suoi tempi, dei genitori, della sua casa, per crescere bene. L’ideale del processo educati- vo va di pari passo con una crescita reale, continua, graduale, secondo un accompagnamento ed un discernimento che impegna genitori e figli. C’è qui un ubbidire dei genitori e del figlio: insieme ubbidiscono al Padre; Maria e Giuseppe compiendo il loro servizio di genitori, Gesù mettendosi in loro ascolto.  “Ubbidire” è un termine che ha la sua radice nel verbo “ascoltare”, “udire”. Forse educare vuol dire proprio questo: genitori e figli in ascolto per discernere la vocazione a cui si è chiamati. “Gesù cresceva in sapienza, età e grazia, davanti a Dio e davanti agli uomini” (Lc 2, 52). La frase indica una crescita totale, globale, di tutta la persona nelle sue varie dimensioni, sia umane che religiose. L’educazione non è un processo che si realizza per scomparti; essa promuove la persona gradualmente e in tutte le sue dimensioni. Non si tratta di dire che Gesù ha rea- lizzato una crescita eccezionale, ma si tratta di indicare il vero ideale di ogni educazione. Forse oggi si rischia di essere molto attenti a crescere (o ad apparire?) davanti agli uomini; ma for- se poco di crescere nella vita interiore, nel maturare una coscienza libera da tanti condizionamenti umani, nel sapere lodare e ringraziare Dio. Educare è lasciare andare. Secondo tradizione Giuseppe è morto prima che Gesù lasciasse Nazaret. Ho visto una volta un’immaginetta che rappresentava il momento in cui Gesù lascia la sua casa di Nazaret: sulla porta c’è solo la madre, Maria. Giuseppe aveva compiuto fino in fon- do il suo compito, ora Gesù doveva lasciare Nazaret ed iniziare la sua vita pubblica, cioè la sua missione davanti a tutti di annunciatore del regno di Dio. Educare è anche lasciare andare, accompagnare fino sulla soglia della vita adulta e avere fiducia che il figlio possa iniziare una “sua vita”. Giuseppe è il servo che in ascolto della Parola ha realizzato fino in fon- do la missione che il Padre gli aveva affidato. Ora iniziava un altro tempo, un’altra stagione. Di lì a poco tempo molti si sarebbero meravigliati delle parole di Gesù, ma nessuno si sarebbe dimenticato che lui era “il figlio di Giuseppe”. (cfr. n.2 Marzo 2021).

Un grazie all’artista per questa opera che ci dona e un grazie a tutti gli artisti della notra comunità e non che hanno contribuito alle opere presenti in essa, segno della fede e della devozione e risposta come parte viva della nostra comunità.

@unavoce

Foto di Copertina: S. Giuseppe , Educatore, adattamento del 1°Lgt. Leandro Ciccarelli