La FOTO, il motivo della scelta: 

Marina Militare, Esercitazione Bilaterale

 

Uno scatto che ci ricorda la premura, la preoccupazione, la speranza di un ritorno, di un vedere chi si era perso, di ritrovare chi si era smarrito, come il padre del vangelo che vede il figlio tornare. I nostri militari ci ricordano questo amore che Dio ha per noi, proteggendoci e difendendoci e come sentinelle osservando e custodendo le nostre vite, la nostra pace, la nostra serenità.

 

FOTO: (cfr. Marina Militare)

Militari uomini dell’amore

 

“PENSIERI CON LE STELLETTE”

sul Vangelo della Domenica

 

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Lc 15, 1-32 

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò… “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”

 

“La storia di questo povero padre, della parabola del figlio prodigo, commuove da secoli tutti coloro che la leggono e la rileggono. Infatti non si riesce a restare indifferenti davanti all’amore di quest’uomo che deve affrontare contemporaneamente il dolore per un figlio che lo considera morto tanto da richiedergli l’eredità, e un figlio che lo considera un padrone tanto da sentirsi semplicemente come un servo maltrattato. Chissà quante volte questo padre si sarà chiesto il motivo del perché avere due figli e avere due fallimenti relazionali. I film americani ci hanno abituato a dividere le storie sempre tra buoni e cattivi, ma in questa storia ci sono solo sconfitti, e pare che non ci sia nessun vincitore. Ma se Gesù racconta questa storia è perché vuole spiegare la qualità dell’amore che Dio ha per ciascuno di noi. Innanzitutto la prima caratteristica è quella della libertà. Il padre ama i suoi figli fino al punto che possono decidere anche di rinnegarlo, di mettersi contro di lui, di allontanarsi, di disprezzarlo, di deluderlo. Li ama fino al punto da accettare la loro rivolta. A noi la libertà piace solo se garantisce le nostre aspettative ma quasi mai pensiamo che non si può mai obbligare nessuno ad amarci. La seconda caratteristica è l’attesa con cui riempie il tempo della prova: <<Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò>>. Solo uno che attende ha gli occhi fissi sulla strada sperando di scorgere dall’orizzonte la sagoma del figlio. L’amore è un’attesa che ci spinge a uscire da noi stessi e ad andare incontro all’altro senza mai però sostituirsi alla sua libertà. Anche nei confronti del figlio maggiore compirà il medesimo gesto: <<il padre allora uscì a pregarlo». Siamo abituati a pensare a Dio come uno che si prega e quasi mai pensiamo a quanto preghi lui noi. Ma l’amore non è forse pregare chi si ama di voler essere felice? La storia finisce senza dirci cosa ne è stato di quel figlio piccolo, o se quel figlio grande alla fine è entrato in casa. Siamo noi il finale”. (Cfr. d. L. M. Epicoco)

Siamo noi il finale e siamo anche l’inizio come fratelli che accompagnano a rivedere il cammino per rialzare lo sguardo e far tornare alla bellezza della vita. Un lavoro che richiede pazienza nel rispetto della libertà e nella capacità di attesa perché ognuno faccia il suo passo, il passo giusto per costruire o ricostruire la pace.

11.9.22XXIV-TO@unavoce