“la maturità di una persona: il linguaggio della testa, il linguaggio del cuore e linguaggio delle mani, in questi tre linguaggi: che io pensi quello che sento e faccio, senta quello che penso e faccio, faccia quello che sento e penso e poi bisogna assumere lo stile di Dio, che è vicinanza. Dio si è fatto vicino nell’incarnazione di Cristo. È vicino a noi … lo stile di Dio è sempre vicinanza, compassione e tenerezza” (Cfr. Papa Francesco

Nell’era di una vita in vetrina si rischia di non educare più nessuno e rimanere ognuno nelle proprie posizioni. Tutti gridano, tutti pretendo, tutti puntano il dito, ma chi lavora poi, chi s’impegna, chi fa il suo dovere? I soliti che vengono, con così facilità, accusati e per i quali si parla male sia che siano singoli o una organizzazione. Lo vediamo nel mondo politico, nel nostro militare e anche nella Chiesa.

Una delle regole di chi governa, dirige e che tutti sanno è: non richiamare in pubblico, mai riprendere una persona davanti ad altre, questa altrimenti non capirà il suo errore ma cercherà sempre di difendersi e salvare la faccia è nella natura dell’uomo. Pensiamo alla vicenda di Caino e Abele. Se vogliamo migliorare, educare, se vogliamo la verità e compiere una correzione ci deve essere un pentimento autentico, ma per ottenerlo ci vuole “vicinanza, compassione e tenerezza”, nella giustizia e nella verità ma con carità. Questo non significa negare l’evidenza o non punire il colpevole ovviamente. Certo se un errore è pubblico, pubblico sarà il richiamo, ma alcune argomentazioni vanno trattate con gli interessati e non mediaticamente.

Una famiglia lava i suoi panni sporchi in casa, fuori non aiuterebbe nessuno se non al pettegolezzo e se si vuole insegnare ed educare allora l’approccio dovrà essere generico e mai dettagliato, soprattutto se vogliamo formare persone che siano di esempio. Il dettaglio, la situazione particolare va affrontata in provato e con i giusti criteri. Penso ad una organizzazione religiosa o laica, se le problematiche che possono nascere sono esposte pubblicamente non sarà giustizia ma sarà scandalo, caccia alle streghe e limite e il pubblico disprezzerà non tanto la persona in se ma l’organizzazione, penso alle figuracce e i litigi e le parole e i richiami nella politica ma anche nella Chiesa. Va data una sferzata se la comunità ha perso la direzione, ma non posso sgridare la comunità che viene a messa per quelli che non vengono. Capite allora che lo stile di Dio, così tanto declamato, ha uno stile di amabilità, se un tuo fratello sbaglia chiamalo, parlagli e se poi non ti ascolta richiamalo davanti a testimoni, se persiste lo farai davanti alla comunità, sembra invece che noi partiamo al contrario non ottenendo poi nessun risultato.

Parlare troppo, parlare con forza e talvolta con toni accesi, non porta da nessuna parte e non aiuta a riflettere e cambiare a nessuno. Se una situazione grave si presenta va gestita dentro le mura della famiglia, della comunità, del gruppo e con l’aiuto di una terza persona se necessario. Oggi invece lo stile del mondo, per uno spirito così detto di verità e giustizia, è di dire tutto sbagliando modo e linguaggio e sappiamo che se diamo un giudizio negativo su una persona o una organizzazione questa perde credibilità e se poi per caso le cose dette risultano non vere? Ormai la situazione non sarà più gestibile. Questa è giustizia? Credo che sia solo incapacità di governare e di educare.

Se veramente vogliamo educare la società, la comunità, il gruppo, si dovranno dare regole e indicazioni generali con toni gentili offrendo spunti di riflessione generale senza entrare nei particolari, se invece l’obiettivo è il singolo, il settore, la persona, la famiglia, la categoria allora potrai fare discorsi più precisi ma senza portare queste indicazioni e riflessioni a livello pubblico.

Rimaniamo disgustati quando sentiamo i nostri politici litigare, bella la discussione e il confronto, brutte le minacce e le accuse, non sono segno d’intelligenza e così vale in ogni ambito della vita dell’uomo. Bello il valore e anche il richiamo ma questo deve essere proporzionato al pubblico che ascolta e a un numero circoscritto di persone. Non è libertà, verità, giustizia, trasparenza, questo modo di procedere ma è voglia di distruggere per apparire, per sembrare e dico sembrare nel giusto, migliori di altri. Se questo discorso vale a livello generale e comunitario, sociale e pubblico, vale anche a livello personale e famigliare, come comunità e gruppo. 

Impariamo a parlare bene e con giustizia valutando il luogo e la presenza degli uditori se vogliamo costruire, educare e migliorare. Accusare e puntare il dito, abbiamo visto, che non porta da nessuna parte. Quello che la diplomazia fa e che per alcuni sembra inutile o negativo ci permette e ci ha permesso in passato e anche oggi di risolvere problemi e di affrontarli senza screditare una nazione, una organizzazione, un lavoro di anni e secoli costruito da altri.

Lo stile di Dio è Verità con Carità, forse anche noi uomini di Chiesa lo abbiamo dimenticato e vale la pena recuperarlo. Giustizia, verità, attenzione, miglioramento, indicazione, insegnamento di uno stile, si!, ma nei modi, tempi e soprattutto luoghi giusti. 

Impariamo tutti, privati e pubblici a cercare la verità e le soluzioni senza dimenticare la carità. Educhiamoci a cercare il limite, senza abbandonare il bene, guardiamo alle ombre senza perdere di vista la luce. Questo è lo stile di Dio, lo stile del Vangelo, lo stile del cristiano e delle persone serie e intelligenti che vogliono costruire pace e giustizia. 

@unavoce

 

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