L’uomo, anche se forse non lo ammette, ha sempre avuto bisogno di una gestualità rituale che riempia la vita, dai gesti ordinari necessari a quelli di svago, a quelli singoli o comunitari. Oggi però questa necessità naturale sembra quasi una nuova religione, con nuove regole di vita, che mi danno l’impressione che dividano più che unire e ingentilire e nobilitare, anche i luoghi di maggior confluenza, nella odierna società e penso a stadi, discoteche, bar, piazze o concerti, sembrano essere i nuovi luoghi di culto dove esprimersi, dove sentirsi liberi, dove seguire uno stile, una moda, ma anche questi subiscono continue trasformazioni impoverendo la dignità umana.

Molti luoghi però – al di là del bello che potrebbero offrire e penso allo sport quando non diventa occasione di fare danni o a un concerto quando non è luogo solo di trasgressione o alla discoteca o il bar, … – possono essere veri luoghi di aggregazione alla sequela di ideali o di cose che piacciono e che aiutano a rendere la vita un’avventura bella, tra impegno e dovere, relax e tempo libero, purtroppo anche questi subiscono esposizione di limiti che danneggiano l’intento e rischiamo di perdere sia il passato che il presente.

Un’analisi difficile, quindi da affrontare e questa vuole solo essere una riflessione ad alta voce per comprendere e magari trovare nuove formule di presenza e di servizio all’interno della Chiesa per trasmettere un messaggio, quello di Cristo, in un modo diverso, senza cambiare quelli che sono i principi cardini del Vangelo e della Chiesa, senza dimenticare la storia e i valori ma con uno sguardo nuovo alle cose di ieri, per infondere coraggio e voglia di fare in modo vero, buono e giusto.

Recentemente il Papa in una sua catechesi sull’evangelizzazione afferma citando “l’esortazione apostolica di San Paolo VI “Evangelii nuntiandi”, che definisce la “magna carta dell’evangelizzazione nel mondo contemporaneo”. Una persona è credibile se ha armonia tra quello che crede e quello che vive. Tanti cristiani soltanto dicono di credere, ma vivono di un’altra cosa, come se non lo fossero. E questa è ipocrisia. Il contrario della testimonianza è l’ipocrisia. Quante volte abbiamo sentito “ah, questo che va a Messa tutte le domeniche, e poi vive così, così, così, così”: è vero, è la contro-testimonianza. Ognuno di noi è chiamato a rispondere a tre domande fondamentali, così formulate da Paolo VI: “Credi a quello che annunci? Vivi quello che credi? Annunci quello che vivi?” (cfr ibid.). C’è un’armonia: credi a quello che annunci? Tu vivi quello che credi? Tu annunci quello che vivi? Non ci possiamo accontentare di risposte facili, preconfezionate. Siamo chiamati ad accettare il rischio anche destabilizzante della ricerca, confidando pienamente nell’azione dello Spirito Santo che opera in ciascuno di noi, spingendoci ad andare sempre oltre: oltre i nostri confini, oltre le nostre barriere, oltre i nostri limiti, di qualsiasi genere”. (cfr. Vatican.va)

Una riflessione semplice quindi con l’impegno di cercare di leggere la realtà odierna alla luce di quello che vedo. Vivendo con i giovani e sentendo le loro parole, i loro discorsi, interagendo con loro sulla vita e il mondo, la fede e le religioni, la pace e la guerra, la società … la vita quotidiana, talvolta mi accorgo che il moderno che avanza con linguaggi nuovi piace ma si scorge anche e ci fanno notare che si sono persi i valori che i loro nonni e la storia avevano seminato e quasi con una tristezza malinconica vogliono sapere capire e seguire.

Una ricerca, quella del mondo moderno, a un maggior desiderio di libertà e di comodo senza però un impegno concreto. Libertà che poi diventa una prigione dei luoghi comuni e una stanchezza mentale che diventa chiusura e limite a comprendere le cose e a impegnarsi pretendendo che altri facciano quello che a noi non va di fare né di pensare. Una richiesta di conoscenza curiosa che poi è offuscata da una mentalità consumistica che disorienta.

Una nuova ritualità però esiste a sostituire le vecchie, perché elemento necessario del vivere umano, ritualità di parole e gesti, di modi di fare e di vestire. Ritualità dei tempi e dei luoghi, ritualità che hanno regole non scritte o scritte dal altri e alle quali ci adattiamo senza far domande, un limite questo che ha portato alla decadenza della nostra società. Se da una parte la Chiesa con le sue ritualità sembra essere lontana dal reale e dal quotidiano e il mondo si allontana per mancanza di credibilità, perché non piace, non crede, nasce contemporaneamente però una ritualità nuova priva di fondamento il più delle volte o solo una ritualità legata all’economia, all’apparenza, al sembrare quello che in realtà poi non siamo, con il risultato evidente di una ansia e tristezza di fondo che emerge vistosamente ovunque. A tutto questo dobbiamo reagire con intelligenza e impegno.

I valori fondamentali della morale sociale sembrano svaniti o assopiti dietro una richiesta di libertà e verità che alla fine risulta una schiavitù o solo una verità di alcuni ma non oggettiva. Un parlare vuoto senza conoscere bene, fidandoci dello strillone di turno, del gran sacerdote che incanta con discorsi vuoti ma riuscendo a coinvolgere le manti. Menti deboli, influenzabili che cercano risposte ma che in verità non si vogliono ascoltare. 

In tutto questo il messaggio evangelico di amore e pace, di rispetto e di fede, al di là del tempo e della storia, in una vita futura in Dio e con Dio, non sembra essere una necessità. Tutto, ora e subito, con forti accenti di egoismo e di interesse personale che sembrano voler costruire il bene comune che è solo, invece, un bene personale è il “leitmotiv” della vita contemporanea.

Come presentare il messaggio di Gesù? Il Papa c’è l’ha indicato citando l’Esortazione Apostolica di san Paolo VI, e ci ha ricordato che solo attraverso una autentica e credibile testimonianza potremo veramente fare la differenze. Quindi solo con questo aspetto della vita, dove le ritualità di ieri siano anche quelle di oggi, dove i gesti diventino efficaci e credibili, dove la ricchezza culturale e cultuale sia un patrimonio da salvare e da capire e da vivere senza rimpianti e con l’intelligenza di chi legge la storia per continuare un cammino sulla bellezza di gesti e parole, di cose da fare e da costruire, è la via. La povertà nascente non è solo quella del non avere cose, possibilità, occasioni … ma è una povertà interiore e spirituale, culturale e di idee concrete.

Non buttiamo il passato perché ci riteniamo dei moderni ma la modernità che tanto desideriamo sia la modernità dell’intelligenza che non tramonta e non fa tramontare mai i veri valori, il vero bene. Lo scetticismo e la rivolta ad ogni cosa sia sostituita dalla conoscenza e dall’impegno sapendo che abbiamo un tempo da vivere che non è esclusivo ma impegno per il futuro. Godere oggi a discapito di tutto e di tutti non rende onore alla nostra natura. Guerre e liti, rivolte e interessi portano, se non sono per un bene comune, ad affossare tutti e il bene che crediamo di dover avere a scapito anche di altri diventa il nostro limite e la nostra eterna infelicità.

La religione quindi, quella che prevede delle regole ed è l’ossatura delle fede e la disciplina della vita comune, sono l’intelaiatura di una società rispettosa che usa del mondo e non sfrutta il mondo. Una vita che sa vedere e accorgersi e non approfitta dell’altro, non lo usa e per fare tutto ciò. Le due dimensioni, umana e spirituale, vanno coltivate perché fanno parte dell’unico essere umano indivisibile.

La nuova ritualità è poi la stessa di ieri, cambia forse il linguaggio ma se ci priviamo di gesti e simboli rischiamo di essere dei disintegrati. Una squadra ha bisogno di un simbolo, una nazione, un gruppo, ognuno di noi si presenta con dei simboli. Ora, recuperare la bellezza della ritualità nella preghiera e nella vita, ci permetterà di recuperare la bellezza della vita stessa che non è tanto la preziosità di un oggetto ma delle persone. Un abito adatto, un luogo adatto, una società attenta ed educata con quei linguaggi comuni che ci fanno viere insieme nel rispetto, questo ci porterà a recuperare il senso spirituale della vita così tanto contestato e così tanto cercato. Una ritualità piena, ricca, vera non fine a ste stessa ma che riempia il cuore e l’anima, attraverso gesti di bontà, di amore e di bellezza. La natura nella sua eleganza ci insegna questo, la vita animale ci insegna questo, allora a noi il tempo per riprendere il cammino e usare delle cose del mondo per crescere e non per morirci dentro.

@unavoce

 

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