Per eliminare la pagliuzza
«Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: «Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio», mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. (Lc 6,39-45)
Perché non riusciamo a stare tranquilli, perché c’è sempre qualche cosa per cui lamentarsi, su cui recriminare, perché ci lasciamo condizionare da quello che dicono o non dicono gli altri? Non riusciamo mai ad essere felici e a godere di quello che abbiamo, poco o tanto che sia, vediamo sempre la medaglia da una parte sola. Anche la nostra fede, il nostro credo, la nostra religione la mettiamo in discussione, ogni cosa vogliamo cambiarla o abbiamo da ridire, anche i comandamenti non ci stanno più bene, perché tutto questo? Vogliamo fare e dire quello che diciamo noi senza confrontarci, senza accettare l’opinione altrui, crediamo a tutto quello che ci viene propinato e non crediamo più all’amore, partiamo sempre in ogni situazione con la retromarcia inserita pensando dov’è la fregatura, sia nelle scelte di vita, che di lavoro, che di rapporti interpersonali privati o comunitari, tutti sbagliano e solo noi siamo perfetti e giusti, solo noi abbiamo la soluzione a tutto.
Un quadro dire un po’ deludente, forse la nostra fede è stanza, forse non crediamo veramente in Dio e al Suo Amore, al Suo perdono, perché noi vogliamo solo fatti concreti senza faticare, successo senza impegno, riconoscimenti senza fatica … giudichiamo le giovani generazioni e il mondo di oggi rimpiangendo il passato per alcuni aspetti e poi non facciamo scelte coerenti. La vita cristiana è ai margini o inesistente, il vangelo solo quando ci fa comodo e/o ci da ragione e soprattutto, quando le cose non vanno come diciamo noi, ce ne dimentichiamo proprio delle parole del Signore. Ci scandalizziamo del mondo e noi facciamo uguale. Perché? Abbiamo bisogno di approvazione, di popolarità, di successo, di considerazione continue.
Questo cari amici perché siamo insicuri, abbiamo bisogno di continue conferme e garanzie di sentirci apposto davanti agli altri, guardiamo gli altri e non guardiamo noi stessi, perché siamo fragili. La vita non è facile e non lo è mai stata non è oggi peggio di ieri, l’oggi dipende da te, da noi, da come lo vivi, da che valore dalle alle cose, da cosa fai e da come usi il tuo tempo, siamo pronti a guardare questo e quello senza accorgerci che basterebbe vedere quanti doni hai in te, basterebbe avere un po’ di fiducia in noi stessi.
Se fai il passo più lungo della gamba non lamentarti poi con il mondo, perché le cose non vanno come vorresti. Se vuoi diventare un numero uno ma non t’impegni, non ti sacrifichi non puoi lamentarti poi facendo il confronto con altri che ci sono riusciti … la tua dignità, la tua serietà sta in te stesso, in quello che vivi e come lo vivi, in quello che fai e come lo fai. Il tuo linguaggio, i tuoi modi di fare, come affronti le croci e come condividi le gioie, sei tu il tuo futuro, sei tu quello che si deve impegnare per primo. Le nostre parole sono sempre solo giudizi legati a pregiudizi, puntiamo il dito per allontanare l’attenzione da noi. Dov’è la tua fede, la tua vita cristiana?
Perdonami per questo linguaggio duro, ma siamo superficiali, siamo egoisti, vendicativi, cattivi se non sappiamo apprezzare quello che abbiamo, se la colpa è sempre degli altri, se, se, se, … così non cambierà mai nulla e metteremo solo noi stesso al centro, io, io, io … lavoro, vocazione, matrimonio, amici … non andranno mai bene perché dobbiamo essere noi quelli che devono imparare ad amare in modo nuovo quelli a cui vuoi bene. Non dire non ti voglio più bene, non mi piace più, perché il problema se di problema si parla, sei tu, siamo noi … non pretendere che gli altri si adeguino alle tue volontà, a come vedi tu la vita. Condividere non significa necessariamente fare le stesse cose ma andarsi incontro e se da una parte questo non c’è l’impegno sarà quello di annunciare questo amore libero maggiormente, che non significa fare quello che si vuole e/o dire quello che si vuole, ma amare liberamente significa accettare le regole del gioco, possiamo cambiare gioco ma sempre di regole si parla, di altre regole che poi con il tempo non ti andranno più bene, perché sei grande, perché sei vecchio, perché sei giovane … ci sarà sempre una scusa per lamentarsi e per non sentirsi felice.
La tua fede, il tuo, credo, la tua religiosità, dove sono? Solo quanto ti fa comodo, solo per rispettare dei precetti? Perché non ti confronti con il vangelo e quando accade qualche cosa non parli allora con qualcuno per reagire in modo costruttivo? Questo vale per tutti, preti e laici, chiesa e società, tutti uniti per un ben comune, ognuno con le sue peculiarità. Invece c’è lo strillone di turno che ci fa credere a questo o quello e noi come pecore senza pastore li seguiamo, poi arriva il pastore di cui conosciamo la voce e ci lamentiamo e non lo accettiamo.
“Nonostante la tua superficialità, nonostante questa sensazione di vuoto e di mediocrità, dentro di te c’è un angolo segreto in cui puoi ancora ascoltare una voce che ti invita ad avere fiducia. Puoi contare sulla vicinanza e l’aiuto di Dio. Non ti chiede nulla, soltanto di aprirti a lui con fiducia. Certamente penserai che sono ormai diversi anni che vivi fuggendo da Dio, evitando anche tutto quello che te lo potrebbe ricordare. È facile che, in realtà, non sia questo quello che ti sta succedendo. Tu non stai fuggendo da Dio, stai fuggendo da te stesso e dal tuo stesso vuoto. Non vuoi incontrarti con la tua propria verità. La tua vita non ti piace. Nel profondo, tu stesso sai che soltanto cambiando troverai quella pace, quella serenità e quella gioia che adesso ti mancano. Abbi il coraggio di farti questa domanda: «Che cosa deve cambiare in me per sentirmi di nuovo vivo dentro?». Vedresti tutto in maniera diversa se ti liberassi da questa «paura» che blocca la tua fede e ti allontana tanto da Dio. Sentiresti dentro di te un gran cambiamento se ti convincessi che Dio è il tuo migliore amico. Dimentica i tuoi schemi e i tuoi pregiudizi nei confronti della religione. Dimentica tutto ciò che ti possono aver detto. Ascolta solo Gesù, fidati di lui. Avvicinati a Dio con umiltà. Provaci! Apri il tuo cuore, sentirai un senso di pace. Se senti Dio vicino, anche solo per un momento, la tua vita cambierà. Invece di stare sempre male con te stesso accetta il tuo fallimento e di’ a Dio: «Nonostante tutto quello che dico, valgo ben poco. Aiutami nella mia debolezza». Questo non è sentirsi fallito, è vera umiltà. (Evelyn Underhill, scrittrice inglese (1875-1941)”. (cfr. notedipastoralegiovanile)
Non sono avvezzo alla matematica, avendo fatto gli studi classi, ma facendo questo discorso mi è tornata in mente una lezione di algebra credo che si trattasse dei “numeri complessi e le loro applicazioni”, o numeri immaginari, all’epoca non capivo, ma i matematici ci offrono delle sorprendenti applicazioni, onestamente non ci capii nulla allora e anche oggi onestamente e sorrido mentre scrivo, ma alla fine capii una cosa che ad ogni problema c’è una soluzione per quanto complessa possa essere. Trasforma questa teoria nella vita e la formula algebrica potremmo così tradurla: sii umile, semplice, leggi le cose per quello che sono, senza fare dietrologie, accetta i tuoi limiti, cambia quelli che riesci e controlla quelli più impegnativi, non cercare il primo posto, pensa prima di parlare, reagisci alla forza con la calma, alla calma con la determinazione, alla gioia con il sorriso, al dolore con la misericordia e l’amore silenzioso, alle parole dure con una parola dolce, a quelle dolci con riconoscenza.
Dio vuole la tua felicità ma non userà mai la bacchetta magica per realizzare i tuoi sogni, ti aprirà delle porte, di darà delle opportunità. Solo a te il compito di riconoscere le occasioni, che non necessariamente sono quelle che vuoi tu, magari è proprio in una situazione di dolore che riscoprirai la bellezza dell’amore o della vita felice. Apri il tuo cuore, togli le barriere che ti sei costruito col tempo, non pensare cose strane, ai fatti che accadono come se ci fossero dei secondi fini, vivi per quello che sono, rimettiti in gioco nella vita e anche nella vita cristiana con serietà e nella tua preghiera, che devi imparare a fare con costanza (non solo la Messa la domenica) chiedi allo Spirito Santo di aprire il tuo cuore e di far cadere quelle squame che ci hanno creato quella cecità per apparire e vivere in questo mondo che non ci piace ma nel quale dobbiamo vivere e aiutare a riscoprire la bellezza che c’è in esso. Prega con le parole dell’inno della liturgia romana e lasciati abitare da Dio: “Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce… Consolatore perfetto, ospite dolce dell’anima, dolcissimo sollievo. Nella fatica, riposo… nel pianto, conforto… Senza la tua forza, nulla è nell’uomo”.
@unavoce
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