Cristo – Chiesa

 

Proseguiamo il nostro appuntamento con le catechesi e siamo arrivati al quarto capitolo di “Rileggendo on-line”, il Santo Papa Giovanni Paolo II prosegue nella sua riflessione sulla lettera agli Ebrei al capitolo quinto, che vale la pena rileggere prima di continuare la lettura della sua riflessione.

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“L’Autore della lettera agli Efesini, proclamando l’analogia tra il vincolo sponsale che unisce Cristo e la Chiesa, e quel che unisce il marito e la moglie nel matrimonio, così scrive: “E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5, 25-27).

È significativo che l’immagine della Chiesa gloriosa venga presentata, nel testo citato, come una sposa tutta bella nel suo corpo. Certo, questa è una metafora; ma essa è molto eloquente, e testimonia quanto profondamente incida il momento del corpo nell’analogia dell’amore sponsale. La Chiesa “gloriosa” è quella “senza macchia né ruga”. “Macchia” può essere intesa come segno di bruttezza, “ruga” come segno d’invecchiamento e di senilità. Nel senso metaforico sia l’una che l’altra espressione indicano i difetti morali, il peccato. Si può aggiungere che in san Paolo l’“uomo vecchio” significa l’uomo del peccato (cf. Rm 6, 6). Cristo quindi con il suo amore redentore e sponsale fa sì che la Chiesa non solo diventi senza peccato, ma resti “eternamente giovane”.

L’ambito della metafora è, come si vede, ben vasto. Le espressioni che si riferiscono direttamente e immediatamente al corpo umano, caratterizzandolo nei rapporti reciproci tra lo sposo e la sposa, tra il marito e la moglie, indicano al tempo stesso attributi e qualità di ordine morale, spirituale e soprannaturale. Ciò è essenziale per tale analogia. Pertanto l’Autore della lettera può definire lo stato “glorioso” della Chiesa in rapporto allo stato del corpo della sposa, libero da segni di bruttezza o d’invecchiamento (“o alcunché di simile”), semplicemente come santità e assenza del peccato: tale è la Chiesa “santa e immacolata”. È dunque ovvio di quale bellezza della sposa si tratti, in qual senso la Chiesa sia corpo di Cristo e in qual senso quel Corpo-Sposa accolga il dono dello Sposo che “ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”. Nondimeno è significativo che san Paolo spieghi tutta questa realtà, che per essenza è spirituale e soprannaturale, attraverso la somiglianza del corpo e dell’amore per cui i coniugi, marito e moglie, diventano “una sola carne”.

Nell’intero passo del testo citato è ben chiaramente conservato il principio della bi-soggettività: Cristo-Chiesa, Sposo-Sposa (marito-moglie). L’Autore presenta l’amore di Cristo verso la Chiesa – quell’amore che fa della Chiesa il corpo di Cristo, di cui egli è il capo – come modello dell’amore degli sposi e come modello delle nozze dello sposo e della sposa. L’amore obbliga lo sposo-marito ad essere sollecito per il bene della sposa-moglie, lo impegna a desiderarne la bellezza ed insieme a sentire questa bellezza e ad averne cura. Si tratta qui anche della bellezza visibile, della bellezza fisica. Lo sposo scruta con attenzione la sua sposa quasi nella creativa, amorosa inquietudine di trovare tutto ciò che di buono e di bello è in lei e che per lei desidera. Quel bene che colui che ama crea, col suo amore, in chi è amato, è come una verifica dello stesso amore e la sua misura. Donando se stesso nel modo più disinteressato, colui che ama non lo fa fuori di questa misura e di questa verifica”. CONTINUA A LEGGERE

  

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