Interno chiesa Parrocchia dei Militari “Madonna di Loreto” – 15° Stormo

Continuiamo la presentazione della celebrazione Eucaristica nelle sue parti. Un conoscere il significato dei gesti dei riti e delle parole per una maggior partecipazione attiva alle nostre celebrazioni.

“CI RICONOSCIAMO PECCATORI

All’inizio della Messa il sacerdote invita i fedeli a raccogliersi in silenzio e a chiedere perdono a Dio per le colpe commesse. Senza silenzio, non si riesce a pensare in profondità. E neppure a riconoscerci peccatori. Peccatori lo siamo tutti, quindi, sacerdote compreso, recitiamo: «Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli e i santi di pregare per me il Signore Dio nostro».  Riconoscere onestamente di essere peccatori non è un atteggiamento deprimente, perché Dio ha mandato il suo Figlio Gesù a salvare i peccatori, cioè noi.  Sarebbe interessante approfondire i “settori di peccato” indicati dal Confesso a Dio onnipotente, per rendercene conto e cercare almeno un pochino di cambiare, purificando i nostri pensieri, le nostre parole, le azioni, per ricordarci il bene da compiere, e non dimenticarlo. Quante “omissioni” nelle nostre giornate! Proprio perché si tratta di un impegno faticoso, chiediamo il soccorso della Vergine Maria, degli angeli e di tutti i santi. Tra i santi ci sono anche i nostri cari che sono entrati nella vita eterna, vedono Dio e pregano per noi.  Fin dall’inizio si scopre che, nella Messa, siamo in compagnia non solo dei fedeli che ci vediamo intorno, ma anche degli angeli e dei santi che vivono già in cielo. 

DIO HA MISERICORDIA

Col “Confesso a Dio Onnipotente” tutti, sacerdote e fedeli, abbiamo chiesto perdono, ma è solo il sacerdote a concludere invocando Dio a favore di tutti. Lo sollecita ad aver misericordia, a perdonarci, a condurci alla vita eterna.  Il perdono di Dio è perciò finalizzato al raggiungimento del Paradiso, alla pienezza della gioia nella casa di Dio, nella vita che non ha fine. E tutti insieme rispondiamo: «Amen». «È così!», sottoscriviamo le parole del celebrante.  Come sarebbe bello riuscire a dire gli “Amen” della Messa con fede e consapevolezza!  Segue l’acclamazione a Cristo: Signore, pietà (= Kyrie eléison) che è una preghiera di supplica. Ci ricorda il cieco di Gerico [Lc 18] che gridava a Gesù di aver pietà, ed ottenne la vista, poiché aveva fede.  Così la nostra voce che acclama o canta “Kyrie eléison”, deve essere accompagnata dalla fiducia, deve essere un grido di fede in Cristo che è il Signore. Dentro all’espressione “il Signore” è nascosto il mistero di Cristo, il suo essere Figlio di Dio e figlio dell’uomo; il suo essere il Risorto, sovrano assoluto di ogni creatura, di tutti i tempi e i luoghi; il suo essere Salvatore e Giudice, l’unico Signore dei signori, come dice l’Apocalisse. Il nostro canto allora ci deve dare la gioia di coloro che hanno deciso di seguire il Dio grande e misericordioso, che sa aver pietà e vuole donarci la vita. 

IL “GLORIA”

Dopo il Kyrie eleison, nelle domeniche, fatta eccezione per il tempo di Avvento e di Quaresima, si canta un antico Inno, il “Gloria a Dio”.  Lo cantano insieme tutti, sacerdote e fedeli, come un’unica voce che fa festa a Dio Padre e al Figlio nominato col titolo di “Agnello di Dio”.  L’agnello richiama alla memoria il popolo di Israele schiavo in Egitto e liberato da Dio attraverso il profeta Mosè. I fatti dell’Antico Testamento sono ben compresi alla luce di quanto ha operato Gesù. C’è un unico disegno divino che si snoda attraverso tutte le pagine della Bibbia, per farci comprendere la storia della Salvezza. È una storia che riguarda ciascuno di noi, perché siamo personalmente chiamati da Dio a sfuggire alla legge del peccato, per vivere come ci ha insegnato Cristo. Il “Gloria a Dio” che cantiamo nella Messa può essere approfondito lungo la settimana, leggendolo e rileggendolo, soffermandoci sulle singole espressioni che lo compongono, per assaporarle in silenzio e in ascolto interiore di ciò che lo Spirito Santo suggerisce al nostro cuore.  Anche il “Gloria a Dio” si conclude con l’acclamazione “Amen”. Tutto quello che abbiamo cantato lo sottoscriviamo: «È proprio cosi!», questa è la fede dell’assemblea. Allora tanti altri pensieri o preoccupazioni di poco conto, che affollano la nostra mente, devono passare in secondo ordine, di fronte alle cose grandi e belle che abbiamo cantato”. (cfr. qumran2.net)