Tardi ti amai, o bellezza sempre antica e sempre nuova (Sant’Agostino, Confessioni 10,27)

Perché la gente non frequenta la Chiesa, non dico perché non crede, perché chi non crede e si professa ateo è una percentuale piccola, ma tra i Battezzati di ieri e i cristiani o potenziali cristiani di oggi perché sono restii a frequentare la vita della Chiesa a celebrare i Sacramenti, non dico tanto il Battesimo, ma da questo in poi tutto si rallenta al punto di professarsi credenti ma non praticanti e noi sappiamo che la salvezza è nella Chiesa e attraverso la Chiesa di Gesù Cristo. Onestamente mille risposte ci siamo dati, mille trasformazioni abbiamo attuato nei secoli e anche recenti, mille sottolineature, riflessioni, discorsi, conferenze, documenti … mille modi nuovi di evangelizzare ma alla fine il risultato sembra non cambiare o cambiare di poco.

Forse siamo pesanti, non dico fuori tempo perché non è neppure questo il problema, ritengo ci siamo modernizzati su differenti fronti nella vita della Chiesa ma siamo pesanti nella nostra presenza, pesanti non perché non sia necessario ma trasformando tutto in modo troppo impegnativo e non che non lo debba essere quando si parla di valori, di bene comune, di religione, di vita … le cose debbono essere serie e impegnative, ma talvolta noi sacerdoti siamo pesanti con i discorsi, con le elucubrazioni o interpretazioni, con regole per giustificare regole. Il Papa ci ricorda di non essere così e di aprici ma anche questo aprirci rischia di essere un limite e non aiutare ad avvicinarsi al Vangelo perché tutto sembra troppo pesante faticoso e forse anche inutile per molti e il mondo oggi è già appesantito e carico da mille problemi che lo attanagliano dalla guerra al clima, dall’economia alla vita ordinaria e quelli che credevamo essere i valori inalienabili sono o stanno scomparendo e la Chiesa e la partecipazione alla vita comunitaria della Chiesa diventa sempre più fluida. Difficoltà a creare una comunità con impegni e scadenze, catechesi e celebrazioni, impegno concreto o educativo, si fa fatica e il più delle volte tutto sembra sfuggirci dalle mani, non piace stanca e la critica è su tutto dal catechismo alla catechesi, dall’omelia ai momenti di preghiera. La gente non ne vuole sapere e ci relega a cose per anziani o in puta di morte o davanti a gravi difficoltà di salute per poi in molti casi incolpare Dio che non fa nulla.

Il mondo cerca serenità ma nella confusione e tutto ciò che ha un ritmo lento sembra non andare di moda, musica e teatro, scuola e letteratura, musei e arte per citarne alcune sembrano per pochi e anche quei pochi molto superficiali. Stiamo perdendo la pazienza delle cose e nel fare le cose, non abbiamo tempo di fermarci per poi renderci conto che corriamo a vuoto alla rincorsa di sa quale valore. Critichiamo tutti e tutto ma non ci impegniamo in nulla se non in quello che ci piace e solitamente ci piace perdere tempo in amenità. Lo risente il lavoro e la scuola, la vita di famiglia e ovviamente anche quella religiosa che sempre più sembra essere distante dal pensiero moderno che è il suo compito richiamarci ai valori fondamentali ma proprio per questo viene snobbata.

Le cose, attività e iniziative, se diventano pesanti la gente non regge, forse una volta ma la seconda è già di troppo. Si cercano e si leggono belle frasi ma un libro intero pochi, si guarda un film ma se troppo serio ci si stanca … anche lo sporto metodico diventa difficoltoso.

Per quanto riguarda la vita delle nostre comunità credo che dobbiamo ripartire a piccoli passi facendo gustare le cose senza lungaggini ma con del “flash mob” indicativi, mirati, nuovi. Una catechesi che parta dalla vita, non lunga ma snella e accattivante nel linguaggio e nella forma, le liturgie eleganti, curate, belle, senza dilungarci in omelie, commenti e silenzi troppo estenuanti soprattutto per chi non è abituato e per abituare c’è bisogno di gradualità. Dobbiamo educare alla vita religiosa nuovamente, dobbiamo ripartire da capo con pazienza e ridare senso credendoci noi prima di tutto alle cose che facciamo, partendo con piccoli numeri che però abbiano una prospettiva che sa aprirsi, coinvolgere e legare. Celebrazioni e moneti di preghiera che aiutino a stare fermi, a imparare a fermarsi e le nostre omelie più brevi senza voler fare lezioni di teologia ma parlando con il cuore e al cuore.

Forse è una riflessione anzi sicuramente è una riflessione che altri hanno già fatto ma io parlo a me stesso e condivido con voi, della mia comunità su queste pagine, per animarci e ricominciare con pazienza a vivere i piccoli e semplici momenti che vengono proposti come occasioni per fermarci e prendere tempo per tuffarci un po’ in questa esperienza. La sera non va più bene, di giorno mille cose da fare, le lettere dei Vescovi o dei Parroci non vengono lette figuriamoci i documenti ufficiali della Chiesa, quindi diventa complicato proporre e trovare tempo. Ognuno dovrà studierà le sue possibilità e le sua realtà per offrire spazi adeguati perché le piccole e brevi cose possano essere fatte sempre bene. Eleganza, serietà, preparazione efficacie, bellezza, parole nuove che riportino ai valori antichi, recupero di alcune tradizioni spiegandole con linguaggi odierni credo possa essere la strada da percorrere insieme.

Ognuno dovrà applicarsi a rivedere i propri ritmi e a camminare in questa direzione, a darsi del tempo e a noi l’impegno a non essere pesanti ma ad offrire spazi e tempi opportuni affinché ognuno possa trovare il tempo per vivere il tempo in modo differente. La natura c’insegna con i suoi ritmi, le sue stagioni e le sue vicende ad intrecciare il tempo con il mistero di Cristo, lasciamoci coinvolgere e impariamo a rinsaldare la nostra fede ripartendo da capo.

@unavoce

 

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