La tristezza
“Fino a quando nell’anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? Ma io nella tua fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato. (dal Salmo 13,2-3.6)”
Riprendo il discorso dell’udienza genrale del Pontefice di qualche settimana fa per invitarvi a leggere il testo integralmente e riflettere su questo male dell’anima se vissuto non nella logica della fede.
“Il Santo Padre all’udienza generale riflette su una “malattia dell’anima” che può insinuarsi e prostrare una persona fino ad abbatterla: questo “demone subdolo” va combattuto pensando a Gesù che “ci porta la gioia della risurrezione” E subito è necessario fare una distinzione tra due diversi generi di tristezza: quella che fa parte del cammino di conversione del cristiano e che la grazia di Dio trasforma in gioia, e quella che “si insinua nell’anima e che la prostra in uno stato di abbattimento”. E’ questa tristezza che va combattuta, afferma il Papa. C’è dunque una tristezza amica, che ci porta alla salvezza. Pensiamo al figlio prodigo della parabola: quando tocca il fondo della sua degenerazione prova grande amarezza, e questa lo spinge a rientrare in sé stesso e a decidere di tornare a casa di suo padre. È una grazia gemere sui propri peccati, ricordarsi dello stato di grazia da cui siamo decaduti, piangere perché abbiamo perduto la purezza in cui Dio ci ha sognati”. (cfr. vaticannews)
Talvolta le emozioni del nostro vivere ci fanno cadere in uno stato di tristezza anche se nascosto da un maschera di sorriso che se si prolungano nel tempo rischia di farci cadere nella depressione.
“La tristezza viene e va. Talvolta, anzi, pur essendo alla ricerca delle sue origini, veniamo soggiogati da una tristezza che non ha spiegazioni: appare senza motivo. Si tratta di uno stato d’animo di abbattimento che sparisce in poco tempo, quando il mormorio della vita ci sopraffà nuovamente con la sua speranza, i suoi giorni di sole e le sue risate altrettanto prive di spiegazione. Per questo motivo, si rivela fondamentale approfondire meglio quest’emozione, senza averne paura Senza mai etichettarla come sinonimo di debolezza personale”. (cfr. lamentemeravigliosa)
Come sappiamo dalla psicologia la tristezza non è sempre causata da emozioni o eventi negativi ma talvolta è una semplice fase di abbattimento di apatia e la necessità di rimanere soli con i propri pensieri perché delusi perché affaticati perché abbiamo commesso errori e neppure perché abbiamo paura o vogliamo sfuggire a qualche cosa ma uno stato di delusione generale che va capito e superato per non rimanere nella malinconia che è, indice dice il Papa, una malattia dell’anima.
“Quando questo capita, è come se il cuore dell’uomo cadesse in un precipizio, e i sentimenti che prova sono scoraggiamento, debolezza di spirito, depressione, angoscia. Tutti attraversiamo prove che generano in noi tristezza, perché la vita ci fa concepire sogni che poi vanno in frantumi. In questa situazione, qualcuno, dopo un tempo di turbamento, si affida alla speranza; ma altri si crogiolano nella malinconia, permettendo che essa incancrenisca il cuore”. (cfr. vaticannews)
Una malinconia che rischia di sfociare poi nell’egoismo rendendoci sempre più tristi arrabbiati e negativi.
La nostra Fede in Cristo ci deve invece aiutarci a combattere questa stato d’animo e attraverso la preghiera e la carità si può riuscire a superarla impegnandosi nella vita che abbiamo, lavorando e sentendoci utili agli altri questo ci potrà aiutare a reagire a questa situazione dove la tristezza allora invece di essere un male diventa la via per cambiare e diventare migliori.
“Dobbiamo stare attenti a questa tristezza e pensare che Gesù ci porta la gioia della risurrezione. Ma cosa devo fare quando sono triste? Fermarti e vedere: questa è una tristezza buona? È una tristezza non buona? E reagire secondo la natura della tristezza. Non dimenticatevi che la tristezza può essere una cosa molto brutta che ci porta al pessimismo, ci porta a un egoismo che difficilmente guarisce”. (cfr. vaticannews)
“Ogni giorno del cristiano è un esercizio di risurrezione». Il Papa a tal proposito ha citato due scrittori francesi. Georges Bernanos, che nel suo celebre romanzo “Diario di un curato di campagna”, fa dire al parroco di Torcy: «La Chiesa dispone della gioia, di tutta quella gioia che è riservata a questo triste mondo. Ciò che avete fatto contro di lei, lo avete fatto contro la gioia». E León Bloy, che ci ha lasciato una frase definita «stupenda»: «Non c’è che una tristezza, quella di non essere santi». «Che lo Spirito di Gesù risorto – ha concluso il Pontefice – ci aiuti a vincere la tristezza con la santità».”. (cfr. avvenire)
Abbiamo compreso quindi che c’è una tristezza amica che ci fa reagire cambiare migliorare mettere in discussione e una tristezza non buona che ci allontana che ci fa diventare egoisti e inaridisce il cuore e l’anima, approfittiamo di questa riflessione per guardare dentro il nostro animo e rimetterci in cammino per riconfermarci nella fiducia e nell’amore a Dio e con i fratelli.
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