Come lo viviamo?

Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto». (Mt 26, 20-25)

 

Il Signore non giudica ma soffre si amareggia questo è il vero amore. Noi siamo abituati a giudicare a puntare il dito a difenderci in qualche modo dalle cose che non condividiamo dai nostri atteggiamenti dalle nostre scelte, troviamo scuse ci giustifichiamo e davanti al rifiuto giudichiamo.

Il Signore si amareggia e le sue parole sembrano dure però non sono un rimprovero ma un grido di dolore, Lui sale sulla Croce per offrirci una possibilità, darci una seconda occasione, Lui è la nostra speranza difronte alle nostre cadute e ai nostri errori.

Come viviamo allora i nostri rapporti interpersonali, come viviamo nella famiglia, nella comunità, come viviamo la vita cristiana, come facciamo scendere il Vagello nella nostra vita? Difronte al tradimento Gesù, abbiamo sentito nel vangelo, si amareggia e non giudica ma approfitta per offrire un’occasione di rinnovamento ed è proprio questo l’insegnamento del Signore per noi e per la nostra vita.

L’esperienza dell’ultima cena, riportata dal vangelo, ci offre questa visione questa prospettiva, questo stile di vita. Quanti tradimenti subiamo e quanti ne compiamo, tradimenti di sentimenti, di presenza, di parole, di atteggiamenti. Non è solo il tradimento dei coniugi ma c’è un tradimento nell’amicizia, nel lavoro, nella vita quotidiana, nei valori, nella fede.

Quali sono i nostri tradimenti? Tradimenti ai nostri ideali, alle nostre scelte, per poi scusarci e trovare giustificazioni ma rimangono comunque tradimenti che ci portano alla caduta e davanti a queste noi desideriamo perdono e comprensione, ma siamo capaci di essere come il Signore, capaci di perdonare accogliere e portare la croce come Lui l’ha portata per ognuno di noi?

Chiudo con una citazione che prendo da don primo Mazzolari a commento di questa riflessione suggerita dall’Udienza Genarle di Papa Leone XIV: «Povero Giuda Che cosa gli sia passato nell’anima io non lo so. È uno dei personaggi più misteriosi che noi troviamo nella Passione del Signore. Non cercherò neanche di spiegarvelo, mi accontento di domandarvi un po’ di pietà per il nostro povero fratello Giuda. Non vergognatevi di assumere questa fratellanza. Io non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore; e credo che nessuno di voi debba vergognarsi di lui. E chiamandolo fratello, noi siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo dimenticare: “Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo!”». (cfr. fondazionemazzolari

Non giudichiamo ma portiamo il peso della croce sapendo di avere un Cireneo che la porta con noi e per noi: Il Cristo Signore. “Il “Sono forse io” è la domanda forse tra le più sincere che possiamo rivolgere a noi stessi. Non è la domanda dell’innocente, ma del discepolo che si scopre fragile. Non è il grido colpevole, ma il sussurro di chi, pur volendo amare, sa di poter ferire. È in questa consapevolezza che inizia il cammino della salvezza. Gesù non denuncia per umiliare. Dice la verità perché vuole salvare. E per essere salvati bisogna sentire: sentire che si è coinvolti, sentire che si è amati nonostante tutto, sentire che il male è reale ma non ha l’ultima parola”. (cfr. Papa Leone XIV)

@unavoce – foto: fonte

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