Digitali

 

Tutti usiamo i telefoni e molti di noi i computer sia per lavoro che per la vita privata, tutto oggi si muove nel digitale dalle comunicazioni alle informazioni ai servizi di vario genere senza contare poi i social sui quali quasi tutti siamo registrati o comunque navighiamo. Ora, il mio soffermarmi con voi oggi è per invitare tutti ad essere missionari digitali attraverso le eventuali pubblicazioni che facciamo sui media che abbiamo a disposizione.

Non tutti ovviamente sono credenti ma molti usano il vangelo per criticare o canzonare irrispettosamente sia Dio che la Chiesa. C0ntrastare senza mancare di rispetto, far notare senza scadere nel banale, annunciare senza diventare bigotti sarà pertanto il nostro impegno attraverso un linguaggio più consono a chi è in ascolto e ci guarda, spiegando eventuali confusioni in materia di fede e religione, talvolta per far questo ci possono venire in aiuto la musica, il teatro, la letteratura, l’arte, la natura stessa a riscoprire la dimensione verticale della nostra vita unendola a quella orizzontale della nostra quotidianità.

Molti di noi sacerdoti che abitiamo il digitale non abbiamo buon gusto nel pubblicare o riportare eventi e celebrazioni, pertanto l’invito per noi è quello di interagire sul digitale con dignità sia di come ci presentiamo sia di quello che diciamo senza svendere il vangelo trasformandola in una barzelletta senza svilire la Chiesa e le sue celebrazioni in teatrini poco edificanti. Evangelizzare con eleganza bellezza e buon senso è fondamentale per dare la prima testimonianza.

Il messaggio evangelico non ha confini neppure dietro a uno schermo perché parla di amore di rispetto di accoglienza vissute ad imitazione di Cristo, pertanto tutti abbiamo l’opportunità di trasmettere questo bene e questo amore soprattutto là dove vediamo odio e dolore, rabbia e confusione.

Non si tratta quindi di digitalizzare la pastorale – e comunque cosa utile il sito della parrocchia per esempio per tenere uniti e informati per lasciare un messaggio una informazione per educare e insegnare per approfondire e conoscere – ma dobbiamo fare anche una pastorale digitale capace di arrivare là dove le persone sono e vivono, offrendo spunti di riflessione come occasione per fermarsi a riflettere  e pensare alla vita alla fede al sociale leggendo il mondo e i fatti che accadono con uno sguardo altro differente aperto nella verità senza mancare nella carità. I linguaggi quindi che usiamo devono essere nuovi ma senza perdere il significato e la profondità della tradizione che ce li ha tramandati. Per parlare per esempio della preghiera o della liturgia, preghiera comunitari di tutta la Chiesa, non serve trasformare le celebrazioni in teatrini e metterle sul digitale ma si tratta di trasmettere celebrazioni che sanno di sacro magari con commenti e linguaggi nuovi ma senza svilire la sacralità dell’azione che si compie pensando di essere più accattivante e leggibile. La nostra gente non ci chiede di scimmiottare altri ambiti di vita ma di essere preti capaci di comunicazione vera dignitosa e seria secondo i criteri della fede cristiana.

Pertanto il “missionario digitale non è un influencer, non è superficiale non è solitario non fa proselitismo, ma è un testimone di Gesù persona di comunione che sa parlare la lingua della gente e va dove non è atteso e conosce questi strumenti”. (cfr. sanbernardinomolfetta)

Comprendete allora che tutti possiamo essere testimoni e annunciatori capaci di aiutare a far scorgere il grande messaggio del vangelo a chi distratto o lontano vive accanto a noi e/o lontano da noi abitando il digitale. La proprietà di linguaggio la calma e il tono del messaggio la scelta di ciò che pubblichiamo che sia di vita privata e o altro può avere questo sapore di bene di amore e amicizia tra tutti. Usiamo questi strumenti con intelligenza e aiuteremo il mondo a cambiare lo sguardo e ad aprirsi alla fraternità nel rispetto delle singole scelte di vita per arrivare alla fine ad incontrarsi e a non rimanere nascosti dietro uno schermo.

@unavoce

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